InTether annuncia la fine della pirateria

InTether annuncia la fine della pirateria

Infraworks ha messo a punto un sistema di distribuzione di pressoché qualsiasi genere di file che consente un controllo totale sul file distribuito. Un sistema annunciato come invulnerabile e capace di respingere chi lo attacca
Infraworks ha messo a punto un sistema di distribuzione di pressoché qualsiasi genere di file che consente un controllo totale sul file distribuito. Un sistema annunciato come invulnerabile e capace di respingere chi lo attacca

Washington (USA) – Sta suscitando una certa attenzione il sistema InTether della Infraworks Corporation , un sistema che viene annunciato come la “soluzione definitiva” per le majors della musica e del cinema che vogliono impedire la pirateria digitale e/o via Internet.

InTether è un sistema sviluppato dalla Infraworks, azienda creata da un ingegnere militare americano, costituito da due elementi: un trasmittente e un ricevente.

Il trasmittente è un software capace di catturare il file che si intende distribuire, un file che può essere pressoché di qualsiasi genere, e di “impacchettarlo” secondo specifiche decise da chi vuole distribuirlo.

E dunque è possibile impedire che il file “spacchettato” venga copiato su supporti diversi dal computer che l’ha scaricato; si può impedirne la pubblicazione online; si possono decidere le volte che il file può essere aperto; se il file può essere stampato (nel caso di un testo protetto, per esempio); chi può visualizzarlo e a quali condizioni; se necessita di password e via dicendo.

L’elemento ricevente, invece, è un software di 300 K, oggi disponibile solo per piattaforme Windows, che si incastra nel sistema operativo in modalità “stealth”, di fatto valicando le infrastrutture di gestione delle applicazioni per eseguire le istruzioni contenute nel “pacchetto” trasmesso.

Il file trasmesso in questo modo può venire aperto dall’utente con l’applicazione con cui quel tipo di file viene gestito normalmente. Il software di ricezione si attiverà allorquando quel file viene lanciato in modo tale da inibire o modificare le funzioni che l’applicazione tradizionale mette a disposizione per fruire del file.

I due elementi insieme, dunque, potrebbero consentire all’industria della musica e del cinema, ma anche a quella del libro e degli altri media che lucrano sul copyright, di distribuire file digitali in formati “imprendibili”. Formati che potrebbero essere applicati, secondo Infraworks e con il sostegno di alcuni studiosi, pressoché a qualsiasi supporto digitale, arrivando a rendere “inattaccabile” la fonte dei brani, libri o film messi in distribuzione. Altra funzionalità di InTether destinata ad interessare l’industria è quella che prende di mira i tentativi di cracking del sistema. Come noto, infatti, fino ad oggi tutte le soluzioni tecnologiche messe a punto dai produttori sono state aggirate da esperti programmatori realizzatori di crack, in alcuni casi persino in sfide pubbliche .

Ora InTether, prendendo atto di questa situazione, viene presentato come “invulnerabile” anche agli “attacchi” di questo tipo.

Secondo il boss della Infraworks e autore del sistema, George Friedman, InTether è incastonato in 11 diversi livelli di difesa. “Per crackare il sistema – spiega Friedman – sarebbe necessario superare tutti i livelli. Ma uno di questi non fa altro che controllare l’integrità degli altri 10. Se ne venisse disabilitato uno solo, entro pochi millisecondi il sistema se ne accorgerebbe”.

Non appena il sistema si accorge del tentativo di “intrusione”, inizia a dare vita a quelle che Friedman definisce contromisure. Il primo passo è quello di costringere il “potenziale crackatore” a riavviare il sistema.

Secondo Friedman, visto il tempo che richiede ogni reboot di Windows, in questo modo si mettono alla porta i tool di cracking automatici in grado di attivare “attacchi” nell’ordine di migliaia ogni secondo e dunque di far cadere molte delle protezioni più avanzate. Avvenuto il reboot del sistema, se il cracker continua a tentare di disabilitare le protezioni di InTether o di entrare nel sistema illegalmente, allora si troverà dinnanzi a quello che Friedman definisce “il bianco schermo della morte” (un gioco di parole in opposizione alla schermata blu di errore tipica di Windows). In pratica il software InTether residente sul computer e tutti i file InTether che risiedono su di esso vengono immediatamente automaticamente distrutti.

Nonostante tutto questo, Friedman sostiene che Infraworks si aspetta che qualcuno trovi un modo di aggirare le difese “ma, al contrario di altri sistemi di protezione digitale, InTether può essere aggiornato. Noi intendiamo aggiornarlo regolarmente. Daremo ai nostri clienti una versione aggiornata cosicché anche l’utente dovrà aggiornare la propria, altrimenti non potrà aprire i file ricevuti”. Il programma di 300 K, d’altra parte, può essere distribuito insieme ai file protetti o come software stand-alone, ma di certo le sue dimensioni consentono un facile trasferimento via Internet.

Friedman punta tutto su una vasta adozione del proprio sistema da parte dei produttori. Solo in quel modo, infatti, può sperare di ottenere una così ampia varietà di contenuti messi sul mercato capaci di indurre gli utenti ad installare questo “mostro” sul proprio computer. Un “mostro” che di fatto prende possesso di alcune delle funzionalità di Windows e delle applicazioni per eseguirle secondo i comandi di chi distribuisce i file InTether.

Va detto che per disinstallare il software di ricezione da Windows si possono utilizzare le normali funzionalità di disinstallazione degli applicativi presenti.

Naturalmente contro l’idea di Friedman si trovano non solo i molti esperti che sostengono l’impossibilità di una protezione totale per i materiali digitali ma anche tutti coloro che fino ad oggi si sono abituati ad utilizzare a proprio piacimento quanto acquistato dentro o fuori dalla Rete. Porre dei pesanti limiti all’uso è da tempo considerata un’idea perdente, sebbene accarezzata con interesse da molti industriali.

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Pubblicato il 14 mar 2001
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