Roma – I fatti:
– sono 43mila le firme raccolte dalla petizione online contro la legge;
– sono oltre 5000 i siti che si sono mobilitati per aderire alle diverse forme di protesta.
Tra questi, sono centinaia i siti che stanno procedendo alla registrazione come testata, usufruendo della disponibilità gratuita di giornalisti. Decine di siti, invece, hanno sospeso, o modificato, le proprie pubblicazioni online. Altre centinaia di siti hanno pubblicato formule di volta in volta diverse per ottemperare ad obblighi, per quanto anacronistici e ridicoli, così come richiesto dalla legge.
– Le questioni e le ambiguità sollevate dalla legge, e tuttora senza una riposta chiara, hanno trovato inoltre spazio su Espresso, Panorama, Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa; per non parlare de Il diario della settimana, CWW, Apogeonline, Mytech, Html.it, Clarence, Beta.it, Virgilio; su Libération, The National review. Migliaia di siti amatoriali, newsgroup, mailing list e forum hanno discusso del problema, per ultimo Il Sole24Ore, per citarne solo alcuni, e purtroppo senza elencare ad uno ad uno tutti coloro che sulla propria pelle sono in attesa da settimane di una sentenza definitiva quasi fossero colpevoli di qualcosa.
– La maggior parte è d’accordo su un punto: la Legge sull’editoria 62/2001 è mal formulata. Da questo nasce l’abbondare di interpretazioni di volta in volta contraddittorie di avvocati, tribunali, relatori ed estensori della legge, ordini professionali. E soprattutto è chiara una mancanza di conoscenza del problema da parte della classe politica italiana, mentre si evidenzia un miopia corporativistica di giornalisti e di molti editori, che nascondono così facendo il vero problema: la ridiscussione della propria ragion d’essere.
La mobilitazione, insieme alle riflessioni che sono seguite, ha messo in luce alcuni punti fondamentali:
– Semmai la legge fosse esclusivamente finalizzata al recupero di fondi pubblici a favore dell’editoria multimediale e quindi per estensione a Internet, l’intervento del legislatore interferirebbe pesantemente sulla fisionomia della Rete e sul suo sviluppo, scavalcando gli organismi di autoregolamentazione che fino ad oggi hanno garantito uno sviluppo positivo del Web,e favorendo di fatto una corsia preferenziale e non vincolabile alla qualità del prodotto editoriale, promovendo in questo modo un elemento di discriminazione su base economica fra un informazione di serie A, garantita e dipendente dai fondi pubblici, e un’informazione di serie B, indipendente. Nulla di nuovo sotto il sole: è quello che avviene offline. Speravamo invece, e speriamo tuttora, che grazie a Internet le disfunzioni conclamate di certi processi produttivi e sociali potessero cogliere dallo sviluppo di Internet motivo di riflessione e di riforma; e non, viceversa, constatare come tali difetti e storture vengano arbitrariamente importati in ciò che ha rappresentato negli ultimi anni una vera ricchezza culturale ed economica per il paese.
– Non è chiaro, ma è auspicabile, che si proceda in tempi brevissimi alla stesura di un regolamento attuativo che chiarisca quanto la formulazione della legge non permette di decifrare, a vantaggio quindi della libertà di espressione e di informazione online, senza alcun obbligo e/o carico economico per chi intenda offrire e garantire informazione nel web.
– Per fare ciò con maggiore incisività, e perché la Comunità Internet, che in questo periodo ha ritrovato voce e motivi di protestare venga tenuta in considerazione, perché le significative perplessità che la mobilitazione ha sollevato in questo periodo vengano chiarite, è forse ora di dare corpo a un’idea, ad un’iniziativa al di sopra degli interessi singoli di ogni sito o persona. Una iniziativa che da ogni sito e da ogni persona tragga forza e autorevolezza per promuovere quell’ideale di libertà che ha scosso in queste settimane la Comunità. In gioco c’è il futuro.