Stoccolma – Il meeting dell’ICANN appena concluso in California è stato uno dei più difficili per l’organismo internazionale che sovraintende al sistema dei domini. Ed è un meeting che getta molte ombre sulla possibilità reale dell’ICANN di gestire il processo di espansione dei domini Internet.
Karl Auerbach, membro della board dell’ICANN e celebre “spina nel fianco” dell’organismo, ha duramente attaccato la policy fin qui seguita dall’ICANN. Riferendosi ai sistemi di domini alternativi, come quello messo in piedi da New.net , Auerbach ha affermato che “dobbiamo riconoscere che esiste una diversità. Non c’è bisogno che vi sia un unico spazio dei nomi a dominio a cui tutti siano obbligati a riferirsi”.
La presa di posizione di Auerbach è decisamente importante. Segnala per la prima volta in seno all’ICANN un atteggiamento morbido verso i gestori alternativi di domini internazionali. New.net e altre imprese del settore hanno già messo a disposizione numerosissimi domini alternativi per gli utenti Internet di mezzo mondo. L’unico “limite” alla loro implementazione è il fatto che l’indirizzamento verso quei domini non passa per i root server gestiti dall’ICANN ma per server che sono riconosciuti da un numero crescente, ma ancora ridottissimo, di provider Internet.
Questi “central registrar” alternativi offrono domini stuzzicanti, come.shop o.xxx, che l’ICANN non ha saputo o voluto approvare fin qui. Domini che però sono richiesti a gran voce da mezza Internet ormai da molto tempo. E non bastano i pasticci del lancio dei nuovi.biz e.info a calmare le acque.
L’ICANN è diviso. Il presidente M. Stuart Lynn ha risposto ad Auerbach sostenendo che i nomi alternativi di dominio finiranno per scontrarsi con quelli approvati dall’ICANN e creare confusione: “La gente finirà su siti Web che non ha scelto di navigare. La nostra preoccupazione è la stabilità, dunque non faremo nulla che possa metterla a rischio”.
Ma l’unico modo per cambiare la direzione presa dalle cose sembra, per l’ICANN, quello di dare una forte accelerazione al processo di avanzamento di nuovi domini, processo che sembra ancora bloccato. Basti pensare che dei sette domini approvati lo scorso novembre solo due, e con molte limitazioni, stanno iniziando ad affacciarsi sul mercato delle registrazioni.
Tempi geologici e inconciliabili con le esigenze di crescita della Rete, come ammesso anche dal chairman dell’ICANN, Vint Cerf, che in passato ha criticato i “registrar” alternativi sostenendo che rischiano di compromettere la stabilità della rete.
L’ICANN è assediato, dopo che nei giorni scorsi un gruppo di operatori di nomi a dominio nazionali ha votato di uscire dal DNSO, organismo della policy ICANN che costituisce una delle tre “gambe” su cui si regge l’ICANN stesso.
Non può stupire, dunque, se in un quadro del genere New.net, registrar alternativo che ha già strappato importanti accordi a molti provider americani che consentono la raggiungibilità dei suoi domini alternativi, si sia fatta viva di nuovo difendendo questi domini, sostenendo che non compromettono alcunché e tantomeno l’ICANN e chiedendo un “dibattito razionale” su tutta la questione.
E a New.net fa molto comodo la posizione di Auerbach secondo cui: “I server root alternativi non rappresentano un rischio. ICANN utilizza la minaccia di instabilità di Internet per allontanare la gente dai registrar alternativi”.
In tutto questo non fa certo gioco all’ICANN il rilievo che viene dato alla notizia dell’ultim’ora secondo cui i diritti da pagare annualmente all’ICANN da parte dei registrar convenzionati salgono da 1.000 a 2.500 dollari all’anno.
Ieri, infine, chiudendo il meeting di Stoccolma, il presidente Lynn ha comunque affermato: “Questo incontro è stato un grande successo”.