Perché il software italiano nei negozi è così brutto?

Perché il software italiano nei negozi è così brutto?

La realtà dei rapporti tra produttori di software, distributori e negozi riserva non poche sorprese. Ecco una testimonianza diretta, quella di Danea Soft
La realtà dei rapporti tra produttori di software, distributori e negozi riserva non poche sorprese. Ecco una testimonianza diretta, quella di Danea Soft


Roma – Riprendendo la lettera di Aaron Brancotti pubblicata su Punto Informatico in data 1/6/2001, è curioso notare una certa affinità tra il mondo della musica, dell’editoria e del software (e probabilmente anche di tante altre umane attività). Mi riferisco specificamente alla sordità dei “potenti” nei confronti di chi non ha ancora avuto modo di farsi conoscere ed eventualmente apprezzare; della difficoltà, per chi non è ancora nessuno, di entrare in un mondo blindato dove valgono le regole del profitto immediato e dove non si conoscono le parole “investimento” e “qualità”.

Lavorando nello sviluppo del software vorrei porre l’attenzione su quello che accade oggi in questo settore. Come responsabile di Danea Soft , una software house Italiana abbastanza nota per aver sviluppato (dal 1995) programmi per famiglie e piccole aziende, forse sono in grado di fornire qualche risposta a chi si chiede perché tanti software di origine nazionale sono così scadenti.

Immagino che qualsiasi appassionato di informatica sia entrato almeno una volta in un computer shop per cercare un software adatto alle proprie esigenze. Probabilmente negli scaffali ripieni di coloratissime confezioni avrà pure trovato quello che cercava. Molto più probabilmente, dopo averlo acquistato ed installato, avrà gettato il tutto nel cestino ponendo una rassegnata croce sulle centomila appena spese. Perché? Perché in Italia si vendono programmi così brutti, inutilizzabili ed infarciti di errori? Possibile che non esistano produttori con le qualità di quelli americani?

Ritengo che i produttori capaci esistano, però raramente si trovano i loro prodotti nei negozi. Purtroppo le aziende che gestiscono la distribuzione attuano un comportamento ostruzionistico ed apparentemente inspiegabile. Analizziamo in dettaglio come si svolgono le trattative, così forse sarà più facile anche per i consumatori comprendere l’esistenza di tanti prodotti mediocri.

Generalmente i rapporti con le aziende distributrici subiscono uno stop immediato a causa dell’interlocutore che ci si trova di fronte: la tipica persona responsabile degli acquisti è il classico dott. con master in economia all’università pincopallo, capacissimo di produrre un dettagliato business-plan in 12 ore ma completamente privo del minimo senso civico (che in genere non si acquisisce al master, ma dalla propria mamma che insegna a salutare i conoscenti, a rispondere con cortesia ecc.). La posizione di queste persone consente loro di potersi comportare da villani, non degnandosi nemmeno, ad esempio, di inviare una risposta del tipo “no, grazie!”. Sembra, anzi, che la maleducazione manifestata sia espressione diretta del potere detenuto.

Sorvolando comunque sulle questioni di forma, non possiamo tuttavia sorvolare anche sulle conoscenze che questi soggetti hanno dell’argomento trattato. Spesso sembra di trovarsi a dialogare (quando ci si riesce) con persone che il giorno prima commerciavano articoli per il giardinaggio (del resto, sempre di commercio si tratta!). Il risultato è che si arriva a parlare solamente di numeri e prezzi tralasciando completamente l’argomento “qualità” e “consumatore”. Alla fine delle contrattazioni, la software house che produce “qualità” non cede alle ridicole richieste del distributore mentre il distributore attinge da altri produttori ben disposti a svendere i loro lavori altrettanto “ridicoli”. Come se una BMW potesse avere lo stesso valore di una Panda. Su questo punto, vorrei far riflettere i vari consigli di amministrazione che non si accorgono, forse sull’onda della crescita turbolenta del mercato informatico, dell’incapacità dei loro responsabili acquisti, nonché del fatto che anche una scimmia saprebbe far crescere il business della loro azienda in condizioni così favorevoli.

Volete sapere come si svolgono effettivamente le contrattazioni? Da sei anni presento i miei software alle maggiori e minori catene distributrici, alle catene di negozi informatici, ai grandi produttori. Centinaia di copie spedite in visione, centinaia di persone contattate, di lettere inviate, di fax, di telefonate (“il dott. è impegnato in riunione, richiami domani”… “mi spiace, è sull’altra linea, la farò ricontattare”… “come, non l’ha richiamata? mi segno nuovamente l’appunto”… “mi ha spedito un pacchetto? non l’ho visto, può rispedirlo?”… “vorrebbe parlare con il direttore? no guardi, dovrebbe prima dire a me che sono la centralinista di cosa si tratta”). Premettendo che Danea Soft negli ultimi tre anni è stata menzionata in circa 150 articoli di riviste, giornali, quotidiani, ne hanno parlato in Rai, ha vinto un premio per il miglior software gestionale Italiano, ecc?, quando finalmente riesco a parlare con il “responsabile”, questi, incredibilmente, non ha mai sentito parlare di Danea Soft.

Certo, siamo una piccola azienda, non siamo quotati in borsa, non abbiamo partecipato al Grande Fratello, però mi chiedo: ma questa persona, adibita alla selezione e all’acquisto di prodotti informatici, dove vive, in Uganda? Di chi fa gli interessi? Non certamente della sua azienda perché non ha la minima conoscenza del mercato in cui opera. Perché non sa chi sono e chi potrebbero essere i possibili interlocutori commerciali. Perché non ha il “polso” della situazione.

Su 100 tentativi di avere un contatto, in 30 casi si riesce a parlare con la persona giusta (giusta?). In questo caso, circa 15 persone prendono l’impegno di dare un’occhiata ai nostri prodotti, poi lo fanno solamente 7 persone; le altre 15 persone non desiderano visionare il programma perché tanto vendono benissimo e senza problemi (che significa: senza conoscere il prodotto, senza verificare se funziona, senza la necessità di giustificarsi con il cliente nel caso in cui non funzioni, senza la necessità di promuoverlo) il software delle solite 2-3 multinazionali… Delle 7 persone che guardano i nostri programmi, 5 dicono di non essere interessate, mentre 2 formulano un’offerta commerciale. L’OFFERTA LA FANNO LORO. Si è mai visto un cliente che fa l’offerta al fornitore?

Se a questo punto siete curiosi di conoscere i termini dell’offerta commerciale, eccovi accontentati: fornitura (in esclusiva, ovviamente!) iniziale di un migliaio di confezioni del programma con sconto del 75% sul prezzo al pubblico; pagamento a 90-120 giorni, solo sul venduto (in base ad un report mensile delle vendite gentilmente offerto dai loro programmi di contabilità).

Se desiderano, posso anche lavargli l’auto. Per rimanere nel mondo dei primati, anche in questo caso qualsiasi babbuino capirebbe che nessuno è in grado di creare programmi di qualità in simili condizioni. La sola hot-line telefonica di assistenza sarebbe più cara del ricavato delle vendite…

Ci metto una pietra sopra e, con rassegnazione, comincio a vendere per corrispondenza. Con ottimi risultati, perché, fortunatamente, molti consumatori conoscono la qualità e sanno distinguere i prodotti. Non la trovano in negozio ed allora si rivolgono altrove.

Ma il mondo è pieno di furbi. In questo caso sono loro che ti contattano? “abbiamo visto che fate degli ottimi programmini”, (e intanto penso: “programmini” lo dici a tua mamma), “? ci interesserebbe avere la vecchia versione 1.0 del vs. software XY che vendevate a 99.000 lire un anno fa, per metterla oggi nei nostri cd-rom distribuiti in 20.000 copie al supermercato per sole 9000 lire. Per questa operazione possiamo arrivare ad offrirvi ben 2 milioni di lire.”. Ci penso, faccio due conti e scopro che il mio guadagno sarebbe di circa 100 lire per ogni cd-rom venduto! Alla mia ovvia risposta negativa mi sento dire: “ma come? Per voi si tratterebbe di un puro guadagno. Tanto il software l’avete già scritto!”. Vabbè, riappendo il telefono e torno al mio orticello.

Diceva il grande Ayrton Senna: “Mi faccio pagare così tanto perché solo in questo modo posso sapere quanto valgo, al di là di tante parole”.

Io non credo che un mio software valga 100 lire a copia.

Vanio Benetollo
Amministratore Danea Soft

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
8 giu 2001
Link copiato negli appunti