Roma – Spett.le redazione di Punto Informatico, mi permetto di intervenire a proposito dell’ articolo apparso sulla vostra rivista in data 17.09.01. Sono completamente d’accordo con quanto dichiarato, nell’intervista ivi pubblicata, dal Sig. Stefano Hesse, in quanto l’articolo 18 del Dlgs. n. 114/1998 non è applicabile nel caso concreto.
Invero, non tutte le aste on-line devono ritenersi vietate dalla norma citata, bensì soltanto le cosiddette Business to Consumer (B2C – in cui un operatore commerciale vende ai privati consumatori), ma non le Business to Business (B2B) nè, soprattutto, le Consumer to Consumer (C2C), cioè quelle in cui (come nel caso di eBay ecc.) è il privato consumatore (e non l’operatore commerciale) a vendere ad altri privati consumatori.
Infatti – com’è esposto in un bell’articolo a firma S. Lombrassa ( Le aste on-line B2C e i vincoli dell’ordinamento italiano , in www.cahiers.org ) – se è vero che l’art. 18, comma quinto, vieta le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione, è altrettanto vero che l’art. 4, primo comma, del Dlgs. citato stabilisce che debba intendersi “commercio al dettaglio” l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale” (lett. b).
Tale tipo di commercio è quindi contrapposto al commercio all’ingrosso, cioè l'”attività svolta da chiunque professionalmente acquisita merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande” (lett. a).
Lo stesso articolo, al secondo comma, lett. h) n. 3, definisce la vendita al pubblico tramite “altri sistemi di comunicazione” (tra cui si può far rientrare la rete internet) una forma speciale di vendita al dettaglio.
L’art. 18, poi, è posto nel titolo VI del Dlgs., che disciplina le “forme speciali di vendita al dettaglio” e deve essere riferito alle sole vendite al dettaglio, cioè al settore di mercato B2C, come confermato – tra l’altro – dalla circolare Min. Industria in data 1 giugno 2000 n. 3487/C.
La scelta del Legislatore è, a differenza di come può essere apparsa ai più, ben chiara: si inserisce infatti nell’ambito di una serie di norme (Dlgs. 51/92, Dlgs 114/98, Dlgs 185/99) a tutela del consumatore nei confronti soltanto dell’imprenditore commerciale, il quale potrebbe abusare – tramite sistemi di vendita non “tradizionali”, come le vendite al di fuori dei locali commerciali, piuttosto che quelle via televisione o via internet – di una forza contrattuale maggiore, sproporzionata (si tenga presente che si tratta generalmente di vendite in cui l’iniziativa è del venditore), che in certi casi può arrivare al limite della frode.
Negli altri casi, cioè nei rapporti tra privati consumatori (C2C) o tra operatori commerciali (B2B), tale squilibrio non dovrebbe sussistere, per cui non si ritengono necessarie norme speciali, ma si applicheranno le regole previste dal codice civile.
Ovviamente, anche in questi ultimi casi, come d’altronde nelle vendite tra privati promosse dai giornali specializzati, possono verificarsi frodi o altri illeciti: ma l’unica… norma di tutela sarà l’antico adagio latino “caveat emptor”, in quanto una persona di media avvedutezza sa che in tali situazioni, a fronte di una maggiore possibilità di risparmio, occorre una maggiore attenzione nell’acquisto.
Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.
Cordiali saluti,
Avv. Marco Cuniberti
Studio Cuniberti