Roma – Ogni anno, più o meno in questo periodo, comincio a sentirmi a disagio all’idea di *dover* andare allo SMAU. Da quando l’anno scorso mi sono trovata di fronte all’unico cartello “USCITA” reperibile che puntava verso due scale mobili entrambe in direzione opposta alla salvezza, il disagio si è trasformato in un terrore psicotico e venato di sarcasmo, stile The Kingdom .
La mia mente affaticata simula scenari terrorizzanti: padiglioni affollatissimi di venture capitalist vestiti “business casual” e istericamente alla ricerca di un business plan qualunque da finanziare per vendere sovrapprezzo le azioni in Borsa, venditori di licenze costosissime di software che poi richiedono altrettanti milioni – minimo – per funzionare decentemente, project manager intenti a sfornare Gantt dove i giorni/uomo si autogenerano e qualunque attività, anche la creazione di un link, viene dilatata fino a occupare mesi interi.
Poi all’improvviso qualcosa mi salva dall’orrore e ricordo tutto: la new economy è finita, è tutto finito. Non dura molto: la vista di certi nomi nel panel dei relatori di SMAU, che guardo per un errore classico collegato alla sindrome da pre-accredito, genera nuovi scenari, stavolta iper-realistici.
I venture capitalist circolano ancora, ma hanno camicie non esattamente fresche di bucato e un velo di barba che lampeggia ai neon di Fiera Milano; i numeri di licenza dei software vengono volantinati all’ingresso, ma per fare una ricerca su un motore generalista devo pagare un fee annuale di ingresso; project leader licenziati dall’ennesimo portalone passato di moda mi abbordano mentre bevo uno spumantino in sala stampa, cercando di convincermi che possono sviluppare reti neurali che assimilano anche le lingue morte in 48 ore. Chiudo gli occhi, li riapro, ma tutto rimane come prima e il ronzio rumoroso che caratterizza tutte le fiere del mondo è sostituito da un silenzio ancora più assordante.
Il potere lisergico di quelle quattro lettere – S, M, A, U – mi scaraventa avanti e indietro tra orrori del passato e depressioni del futuro, in stand rutilanti di hostess e privi di qualunque competenza: guardo gli ex potenti della new economy e vedo la corte di Francia nel 1789, brioche, champagne e dissipatezza mentre la folla inferocita preme già alle porte della Bastiglia. Non ho dubbi: quest’anno sarò in piazza a protestare, non a SMAU, sperando di dare l’ultima spallata a due anni di follia che – per fortuna – non hanno cambiato il mondo.