Roma – Una ricerca di NetConsulting realizzata in collaborazione con l’Associazione Associazione Giovani Classi Dirigenti della Pubblica Amministrazione (AGDP) mette in luce sorprendentemente come informatica, internet e nuove tecnologie in generale siano tutt’altro che sconosciute nella PA. Per capire, abbiamo approfondito l’argomento con Anna Maria Venezia, responsabile formazione in Microsoft Italia, società che ha promosso la ricerca.
Punto Informatico: Possiamo dunque affermare che computer e internet non solo sono diffusi nella Pubblica Amministrazione ma sono anche al centro dell’attenzione?
Anna Maria Venezia: Devo premettere che l’indagine sul ruolo che l’informatica può avere al livello dirigenziale nella PA è stata stimolata proprio dai dirigenti, che hanno preso l’iniziativa dimostrando di avere a cuore questi temi.
Va detto che a livello dirigenziale nel Pubblico esiste oggi una vivacità che di certo tiene il passo del Privato. E’ un dato confermato anche da altre indagini: siamo abituati a sentire parlare di PA in un modo che lascia comunque ampi spazi di miglioramento, invece questa consapevolezza dei mezzi e delle possibilità da parte dei giovani dirigenti è stata una piacevole sorpresa.
PI: Grazie alla tecnologia i dirigenti lavorano meglio e di meno?
AMV: L’uso delle tecnologia viene vissuta come razionalizzazione dei processi e dei tempi. In realtà, l’entusiasmo dei giovani dirigenti è tale che quello che si guadagna, in termini di tempo e di operatività, con l’uso delle tecnologie viene re-impiegato, con la conseguenza di una maggiore produttività.
C’è anche un altro aspetto, decisamente importante, ed è la possibilità che la tecnologia offre in questo ambiente di liberarsi di lungaggini e procedure che sono in sé demotivanti. In questo senso, anzi, la tecnologia funge da stimolo: c’è consapevolezza delle opportunità che offre ma c’è anche la percezione del ruolo motivante della tecnologia.
PI: Ma quali sono i problemi più rilevanti emersi nell’indagine proprio sull’uso della tecnologia nella PA?
AMV: Quella che molti lamentano è una discordanza tra l’uso che viene fatto di tecnologie come l’email ed internet e quanto è consentito dalle procedure e dagli adempimenti burocratici. Questo significa che c’è un uso intensivo delle tecnologie per comunicare all’esterno, per i rapporti con i fornitori oppure per le comunicazioni con i cittadini, ma all’interno ci sono ancora molte barriere. Si pensi, per esempio, alle procedure di riservatezza e sicurezza delle comunicazioni internet, laddove la normativa non ha ancora recepito l’uso di strumenti tecnologici che offrono garanzie uguali o superiori agli strumenti tradizionali. Si pensi alla firma digitale: finché le norme non si sviluppano in questa direzione di fatto si toglie valore all’utilizzo della tecnologia stessa.
PI: Stando ai dati dell’AIPA e alle rilevazioni di NetConsulting, la diffusione del computer nella PA cresce ad un ritmo sufficiente. Ma è davvero abbastanza quello che si sta facendo in termini di investimenti per rispondere alle esigenze di organizzazione, riduzione dei costi, compressione dei tempi e miglioramento della comunicazione con il cittadino?
AMV: Va detto che la situazione è a macchia di leopardo. Ci sono uffici, quelli centrali, tipicamente dei ministeri, in cui l’uso delle tecnologie è massiccio e quindi crea un sistema fertile per la razionalizzazione dei processi.
Ci sono poi le realtà locali, regioni, province e comuni, in cui si risente molto delle differenze, per esempio, tra nord e sud.
Per quanto riguarda lo studio occorre tenere presente che l’esame è stato condotto in collaborazione con l’Associazione dei dirigenti e dunque si riferisce alla situazione degli associati. Questi sono evidentemente persone che perlopiù, ovunque hanno potuto, hanno supportato la diffusione e l’adozione della tecnologia.
Uno sforzo in più andrebbe probabilmente fatto non necessariamente nell’acquisto di PC ma anche nella realizzazione di banche dati, nella diffusione del loro accesso con un lavoro, diciamo, non solo di front-office ma anche di back-office.
PI: Nonostante l’elevato grado di utilizzo, dall’indagine emerge che molti dei giovani dirigenti ritengono centrale la partecipazione a corsi di formazione specialistici che consentano loro di ottenere ancora maggiori benefici dall’adozione di queste tecnologie. Quali sono gli strumenti di formazione che a vostro parere andrebbero utilizzati? Cosa può offrire Microsoft per coprire queste esigenze?
AMV: La formazione all’interno della PA ha varie anime. Sull’IT le anime sono sostanzialmente tre: esigenza di competenze specialistiche legate alla creazione di infrastrutture informatiche; alfabetizzazione, cioè diffusione della capacità dell’uso; manageriale, per cui l’impatto che l’IT ha nei vari uffici, sul miglioramento della gestione stessa.
Gli strumenti sono differenti a seconda della tipologia. Va da sé che l’alfabetizzazione è un programma di massa, di volume, e quindi ci deve essere una considerazione di riduzione dei costi legati all’economia di scala. Dunque e-learning, che non esclude comunque momenti di confronto in aula con tutor ecc.
La parte tecnico-specialistica è ovviamente ridotta in termini numerici e quindi l’e-learning rappresenta uno strumento ma va utilizzato in assoluta congiunzione con laboratori, simulazioni d’aula. Non giocando più sui volumi siamo in presenza di processi formativi che devono essere gestiti in un modo misto.
L’area manageriale, cioè l’uso dell’IT in chiave manageriale, può avvalersi di strumenti legati alla rete per quanto riguarda il recupero di materiali o community ma dev’essere basata sul confronto diretto. I dirigenti e i manager devono condividere informazioni ed esperienze in seminari, aggiornamenti in cui si incontrino e si parlino.
PI: Per giungere all’obiettivo dell’e-government, di cui si parla anche nello studio e che è oggi centrale nel dibattito su tecnologia e amministrazione pubblica, quali ostacoli vanno rimossi?
AMV: La consapevolezza delle opportunità della tecnologie c’è, la diffusione dell’infrastruttura informatica sta avanzando rapidamente; questo significa che esistono aree che devono essere migliorate ma la strada intrapresa è quella giusta.
Come detto, credo che sia fondamentale l’alleggerimento dei vincoli normativi. Occorre dare maggiore flessibilità a quelli che oggi sono appesantimenti burocratici e amministrativi, che producono allungamenti dei tempi e che ostacolano la realizzazione di una visione che la dirigenza già propone.
Naturalmente non tutto è risolto e non sono solo le norme il problema, anche perché i dirigenti che hanno partecipato allo studio sono solo una parte dei dirigenti della PA. Ma la normativa ha in questo senso un ruolo centrale.
PI: La ricerca è stata l’occasione, per Microsoft, per proporre il modello di sviluppo di Microsoft.NET, una strategia che mette l’XML al centro con tutta la duttilità che questo consente. L’e-government all’italiana può passare attraverso Microsoft? Con quali modalità e in quali settori (formazione, standardizzazione delle procedure…)?
AMV: Microsoft ha una serie di aree di attività. Le principali sono ovviamente la definizione e l’implementazione dell’infrastruttura che serve al sistema, e i partner Microsoft possono senz’altro contribuire a sviluppare infrastrutture per progetti come la rete nazionale della PA, possono provvedere all’erogazione di servizi avanzati, di sistemi di comunicazione con il cittadino ecc.
Dal punto di vista della formazione sulle tecnologie Microsoft, l’azienda definisce degli standard internazionali che poi propone all’interlocutore, in questo caso la PA italiana, per adattarli al meglio alla realtà specifica. Poi sono i partner ad occuparsi materialmente dello sviluppo dei progetti.
Nella nostra missione c’è l’erogazione di formazione tecnico-specialistica. In questo momento quello che serve alla PA è il recupero di una visione tecnologica nell’ambito di una formazione manageriale.
PI: Come saprà il ruolo di Microsoft in questo processo di “ammodernamento” della Pubblica Amministrazione è molto contestato. L’anno scorso InterLex si fece promotrice di una lettera contro la “Soggezione dello Stato italiano alla Microsoft” sottoscritta da moltissimi e, tra questi, da molti operatori ed esperti tecnologi. Cosa ne pensa?
AMV: Devo sottolineare che nella nostra indagine non si è mai andati nello specifico delle soluzioni adottate, per esempio per capire quale software o quale hardware venisse utilizzato dai dirigenti. L’obiettivo era capire come le tecnologie impattano sulla PA.
Si parla dunque di come la tecnologia può migliorare alcuni modelli organizzativi. Che sia tecnologia MS o di altri non cambia. Anzi, direi che un lavoro di questo genere spinge gli strumenti, tutti, indipendentemente dal fornitore.
PI: E c’è spazio per l’open-source?
AMV: Come ho detto, non abbiamo preso in considerazione il tipo di tecnologia utilizzata ma soltanto l’impatto e abbiamo chiesto se si ritenevano utili gli strumenti informatici a disposizione, non quali fossero. L’analisi era fatta a monte, e dunque non c’è stato un riferimento specifico a tecnologie proprietarie o open-source.
Intervista a cura di Paolo De Andreis