Washington (USA) – Sono 3.411 i brevetti acquisiti da IBM nel corso del 2001 negli USA: mai nessuna azienda statunitense era riuscita ad ottenere tanto in un anno dallo United States Patent and Trademark Office.
L’enorme numero di brevetti di IBM si deve anche all’incessante attività di ricerca dei laboratori del colosso informatico che nelle sue fila conta la bellezza di 150mila persone, tra ingegneri e scienziati. Grazie a questo esercito di ricercatori, IBM punta proprio al brevetto di tecnologie e soluzioni spesso ancora molto lontane dal poter essere applicate “al mondo reale”. Va detto anche che solo IBM conduce una varietà così ampia di ricerche, che vanno dalla scienza dei materiali alle soluzioni di storage, dai semiconduttori al software, dalla progettazione dei sistemi al design e via dicendo.
Un’attività che per nove anni l’ha portata in testa alla singolare classifica delle imprese americane con il maggior numero di brevetti e che nel 2001 ha segnato un incremento di quasi il 20 per cento rispetto al 2000, quando i brevetti erano stati “solamente” 2.886.
Suzanne Harrison, esperta della società specializzata in questioni di proprietà intellettuale ICMG, ha dichiarato ad Associated Press che l’approccio di IBM ai brevetti è particolare: “IBM guarda al proprio portfolio di brevetti molto più come un business da sfruttare che come una forma di protezione legale, come invece accade nella maggioranza delle imprese americane”.
Anche per questa “visione”, IBM raccoglie 1,7 miliardi di dollari all’anno in royalty, per lo sfruttamento di propri brevetti da parte di aziende terze.
Ma se IBM aumenta il numero dei propri brevetti questo accade anche con una pletora di altre aziende dell’alta tecnologia, in un trend che è finito più volte nel mirino dei critici che lo ritengono pericoloso. La cosiddetta “brevettazione selvaggia” consentita dalle normativa americane, infatti, secondo molti porterebbe di fatto all’impossibilità di utilizzo di sistemi, tecnologie e soluzioni da parte di terzi, con conseguenze pesantissime sullo sviluppo e l’innovazione. Un dibattito che, a quanto pare, IBM ha intenzione di alimentare.