Bruxelles – Iva sul commercio elettronico per molti ma non per tutti, in particolare per i privati e non per le aziende.
Non tutti gli angoli sono stati smussati ma nell’incontro dei ministri delle finanze europei che si è tenuto nelle scorse ore a Bruxelles si è raggiunto un importante accordo sull’Iva applicata all’ecomm. Un’intesa che viene proposta come necessaria per l’espansione delle attività economiche online e che sarà efficace dal primo luglio dell’anno prossimo, con l’entrata in vigore della direttiva comunitaria.
In particolare, le nuove misure progettate dai ministri europei relative all’imposta sul valore aggiunto prevedono l’estensione dell’Iva in modo eguale agli acquisti di servizi internet specifici, come il download di materiali musicali, di software o altro, il pay-per-view e via dicendo. Ma solo per quanto riguarda gli acquisti da parte di privati. I servizi acquistati dalle aziende, il cosiddetto B2B (business-to-business), che rappresenta il 90 per cento del mercato elettronico, rimangono invece esterni all’ambito di applicazione dell’accordo.
L’aliquota Iva per le transazioni soggette sarà uguale a quella già applicata off line.
Le nuove misure varranno anche per i giochi-online e verranno estese anche ai soggetti non appartenenti all’Unione Europea, ma operatori di attività di commercio elettronico. In questo modo si intende eliminare una possibile discriminazione a danno degli operatori comunitari, i quali non dovranno chiedere l’Iva ai propri acquirenti per la vendita di beni e servizi all’esterno del territorio dell’Unione Europea.
Da segnalare come le nuove decisioni siano state interpretate dai media americani come “protezionistiche”. Per i produttori extra-UE, infatti, vendere servizi agli europei rischia di costare di più e dunque i loro prezzi rischiano di salire. Il tutto si tradurrebbe, in quest’ottica, in una protezione dei produttori comunitari, a danno di quelli extra-UE e persino dei consumatori europei…