Roma – Internet opportunità senza precedenti ma assediata dalla politica corrotta, dalla discriminazione, dalle mancate libertà, dalla disparità economica. C’è questo e molto di più in un documento, “Etica in Internet”, con cui il Vaticano torna a far sentire la propria voce su rete e dintorni. Un documento del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali che mostra la posizione della Chiesa rispetto alle sfide e ai problemi della diffusione di internet nel mondo.
La ragione del documento l’ha spiegata, alla conferenza stampa di presentazione, monsignor John Patrick Foley: “Non c’è bisogno di grandi sforzi di immaginazione per considerare la terra come un globo ronzante di trasmissioni elettroniche, un pianeta blaterante, annidato nel silenzio dello spazio. In conseguenza di ciò, le persone sono più felici e migliori? Questa è la questione etica che si pone.”
Con un occhio a 360 gradi, la Chiesa affronta in questo modo temi chiave come l’accesso alla rete nel mondo, il rapporto telematico tra i popoli, le libertà digitali e la libertà di informazione.
Cardine del documento è una condanna espressa sotto forma di “deplorazione” per le democrazie liberali e i regimi totalitari laddove “l’accesso ai mezzi di comunicazione sociale per fare politica spesso dipende dalla ricchezza e dove i politici e loro consiglieri non rispettano la verità e la lealtà, calunniando i propri oppositori e riducendo i problemi a dimensioni insignificanti”.
E se in queste settimane l’amministrazione Bush ha cancellato una serie di iniziative che l’amministrazione Clinton aveva varato per ridurre il “digital divide” nei diversi stati americani e tra le diverse etnie, il Consiglio spiega che proprio il digital divide rappresenta una preoccupazione viva, perché porta con sé il senso di una discriminazione tra chi può e chi non può. Se non si punta a colmare progressivamente e rapidamente il digital divide si rischia che una parte del mondo rimanga indietro e non possa “godere dei benefici che la globalizzazione e lo sviluppo permettono”.
Anche per questo, ma non solo, il Consiglio vaticano condanna senza mezzi termini quanto accade in molti paesi che per ragioni di opportunità politica o per contrastare l’opposizione politica e limitare le libertà di stampa e di critica agiscono per limitare, ostacolare, impedire l’accesso alla rete. Una situazione che desta “preoccupazione” secondo il Vaticano. “Deploriamo – si legge nel documento – i tentativi di parte delle autorità pubbliche di bloccare l’accesso all’informazione” perché ritengono i media “pericolosi o imbarazzanti per loro”. Oppure perché manipolando l’accesso ai media possono compiere azioni di “propaganda o disinformazione”. Eccessi che si traducono, alfine, nella gravissima limitazione della libertà di espressione e di pensiero. Dunque internet e gli altri media “possono essere utilizzati per sfruttare, manipolare, dominare e corrompere” ma questo, spiega il Pontificio Consiglio, non può significare nascondere le opportunità e i vantaggi che l’avvento della rete porta con sé. Perché internet “può aiutare le persone ad usare responsabilmente la libertà e la democrazia, a espandere la gamma di scelte disponibili nei diversi campi della vita, ad ampliare gli orizzonti culturali ed educativi, ad eliminare le divisioni e promuovere lo sviluppo umano in una moltitudine di modi”.
Ma è proprio questo a rendere paradossale, secondo il Vaticano, il fatto che l’uso distorto di internet trasformi la rete in un veicolo di guerra anziché di pace, come accade per il “pericolo rappresentato dal cyberterrorismo”.
Un pericolo che fa dello spazio telematico un campo di battaglia. “Sarebbe amaramente ironico – commentano gli autori del documento del Consiglio – che questo strumento di comunicazione, con un tale potenziale di aggregazione umana, tornasse alle proprie origini risalenti alla Guerra Fredda e divenisse un’area di conflitto internazionale”.
La Chiesa nel nuovo documento si fa anche portavoce di un problema centrale, molto sentito in alcuni paesi asiatici e molto meno in Europa e Sudamerica: il fatto cioè che internet diventi veicolo e strumento di egemonia culturale. Secondo il Vaticano, l’Occidente tende a sfruttare internet per imporsi… “Imporre a una cultura la visione del mondo, i valori e persino la lingua propri di un’altra – spiega il documento – non è un dialogo. E’ imperialismo culturale”. Una tendenza inaccettabile soprattutto perché “la cultura dominante trasmette valori falsi e contrari al bene autentico delle persone e dei gruppi”.
Su questo punto il Consiglio insiste con particolare veemenza, nella convinzione che dall’Occidente via internet vengano trasmessi “messaggi carichi di valori propri della cultura secolare occidentale a persone e società che in molti casi non sono in grado di valutarli e di confrontarli”. Da qui la creazione, a causa di questo uso distorto della rete, di problemi sociali in ambienti e paesi ben distanti dalla cultura occidentale. Anche per questo, spiega il Consiglio, è necessario sostenere “la libertà di espressione e il libero scambio delle idee”.