Washington (USA) – Giorni caldi, torridi, per Microsoft, ancora una volta sotto i riflettori a causa del procedimento antitrust che si trascina ormai da lungo tempo. Riflettori che hanno inquadrato nelle scorse ore il vicepresidente Microsoft nonché coordinatore dello sviluppo di Windows Jim Allchin.
In una deposizione videoregistrata resa pubblica lunedì, Allchin ha spiegato che Microsoft non ritiene in alcun modo possibile separare il sistema operativo dal suo browser. Questo era uno dei nodi più importanti del procedimento antitrust, sul quale l’accusa ha puntato per dimostrare che l’associazione del browser al sistema operativo era un mezzo per “far fuori” i concorrenti, nel caso specifico Netscape.
Quando affermato da Allchin è la tesi che Microsoft ha sostenuto fin dall’inizio del procedimento. “Non potrei fare quello che pensate – ha spiegato Allchin – dimenticatevi ogni problema di business. Tecnicamente non potrei farlo”. L’alto funzionario Microsoft ha anche spiegato che l’azienda non ha compiuto studi specifici per verificare se sia possibile o no separare i due elementi e si è riferito all’architettura di Windows.
E in questi giorni i nove stati che ancora perseguono Microsoft hanno completato la revisione di quelle che, a loro parere, sono le sanzioni che devono essere imposte all’azienda riconosciuta colpevole di abuso di posizione dominante. Sulla questione, nelle prossime ore dovrebbe esprimersi il giudice che presiede il caso.
Elemento chiave delle sanzioni, insieme alla richiesta di esplorare il codice sorgente di Windows per verificare se sia possibile creare un Windows senza browser, sarebbe ora l’obbligo per Microsoft di sviluppare una nuova versione “modulare” di Windows che consentisse ai costruttori di personal computer e agli utenti di scegliere quali prodotti installare sul proprio sistema, dai software multimediali al browser, prima o dopo l’acquisto di un computer. Una versione, dunque, “spogliata” di tutti quei software che Microsoft inserisce di default insieme al proprio sistema operativo e che, secondo l’accusa, tarpano le ali alla concorrenza.
Sulla questione è intervenuto il CEO di Microsoft, Steve Ballmer, secondo cui la costruzione di una versione ridotta di Windows non farebbe gli interessi né dei costruttori di computer né degli utenti.
Ma ieri ha fatto rumore anche la deposizione di Steve Ballmer rilasciata lo scorso 8 febbraio e resa pubblica lunedì come quella di Allchin. In quell’occasione Ballmer aveva formulato quella che a tutti gli effetti appare come un’ipotesi paradossale ed enorme di come l’azienda avrebbe reagito alle richieste giudicate “fuori misura” dei nove stati.
“La proposta degli stati – ha dichiarato Ballmer – sarebbe un’imposizione a cui non saprei come ubbidire. Credo che saremmo costretti a ritirare il prodotto Windows dal mercato. Quello sarebbe l’unico modo per fare quanto richiesto dagli stati”. Ballmer ha spiegato che qualora questo accadesse, si procurerebbero danni senza fine agli utenti e alle imprese che producono software per la piattaforma Windows. Una posizione destinata a suscitare un vespaio di polemiche.