Sydney (Australia) – In una lunga intervista rilasciata di recente al quotidiano australiano The Australian, Craig Mundie, chief technical officer di Microsoft, si è nuovamente scagliato contro la licenza GPL definendola “priva di alcun valore”.
Come si ricorderà, lo scorso anno la filosofia del free software fu duramente attaccata da un manipolo di dirigenti del big di Redmond, fra cui Bill Gates , che etichettò la GPL come “un semplice mito”; Steve Ballmer , che definì l’open source “comunista”; Doug Miller , che profetizzò la rapida morte di Linux; Jim Allchin , che dichiarò Linux “anti americano”; ed infine lo stesso Mundie , che definì il free software “non competitivo”.
Questa volta Mundie, a differenza di quanto spesso hanno fatto i portavoce di Microsoft, sembra aver posto particolare attenzione nel ben discriminare fra “open source” e “GPL/free software”, tanto da arrivare persino ad ammettere di “amare l’open source”.
Mundie ritiene che aziende come Red Hat e SuSE non potranno reggersi in piedi ancora a lungo se continueranno “a regalare” il proprio software, e ha poi ribadito un concetto assai caro a Microsoft: “Solo vendendo il proprio software è possibile ottenere il denaro necessario da reinvestire nella ricerca e sviluppo”. Dunque, secondo Mundie, solo i produttori di software commerciale avranno la capacità e le risorse per portare avanti l’innovazione tecnologica in questo settore.
“Le aziende che stanno adottando lo schema di licenza GPL – ha spiegato Mundie – sono aziende che non hanno un modello di business sostenibile, almeno non se si presentano come aziende di software”.
Mundie ha poi affermato che la gente non ha compreso a pieno la differenza fra la filosofia della GPL, e dunque del free software, e quella dell’open source.
“La comunità – ha detto Mundie – tende a considerarle alla stessa stregua, ma non c’è relazione fra i dimostrati vantaggi del modello di sviluppo open source e quello che la fondazione del free software sta tentando di realizzare con la GPL”.
“La GPL – ha continuato il boss di Microsoft – è essenzialmente il tentativo di dar vita ad una comunità chiusa di persone che sono vincolate alla condivisione dei sorgenti e alla distribuzione gratuita dei diritti: due fattori che rendono impossibile far nascere un’attività commerciale attorno ad un prodotto software, a meno che non si tratti di business tangenziali”.
Mundie sembra dunque implicitamente considerare “business tangenziali”, e dunque non direttamente connessi alla vendita del software, quei servizi di supporto e consulenza che in genere costituiscono l’unica forma di introito per le aziende che operano nel settore del free software.
Mundie ha ribadito che “Microsoft ama l’open source e non ha nessun problema con tale concetto”. E la dimostrazione, secondo il boss dell’azienda, sarebbe data dalla continua espansione dell’iniziativa Shared Source , una strategia che vede il colosso di Redmond condividere i sorgenti di alcuni suoi prodotti con una cerchia selezionata di partner, clienti ed istituti accademici. Fermo restando quell’inviolabile principio del big di Redmond che recita: “Guardare ma non toccare”.
Ma se per Microsoft questo basta e avanza per considerarsi “amica”, o addirittura “amante”, della filosofia open source, per quella comunità di persone che si rifà a questo modello di sviluppo la Shared Source Initiative è solo un tentativo maldestro di Microsoft per fronteggiare il crescere del software open source e di Linux in particolare.
Lo scorso anno Eryc Raymond, celebre guru della comunità open source, in risposta alle accuse che Ballmer formulò contro la GPL , affermò che se si deve parlare di una licenza “virale”, allora il dito va puntato sulla Shared Source di Microsoft.
“Shared source – scriveva – è il virus definitivo. La GPL, che lascia il vostro cervello autonomo e non può infettare il vostro codice finché voi non decidiate deliberatamente di incorporarvi codice GPL o link ad esso, è un innocente simbionte in confronto. Essa realmente vi protegge, perché vi garantisce il diritto di ridistribuire e riusare il codice che voi vedete. E così… Chi è “virale” adesso?”.
Ma se davvero stanno così le cose Mundie e soci non sembrano assolutamente disponibili ad essere convinti da queste argomentazioni, ed anzi ritengono che quella licenza che aggredisce il loro business somigli effettivamente a un virus. Un virus che, a parere di Microsoft, potrebbe far ammalare l’intero mercato.