Roma – Triste giorno è quello in cui uno strenuo difensore della libertà di link, cioè dell’elemento costitutivo del web, è costretto a tirare i remi in barca per non dover continuare a combattere una costosa e durissima battaglia legale contro, in questo caso, l’industria di Hollywood.
L’editore di 2600.com ha deciso di tirarsi da una parte e di lasciar perdere: non può più battersi contro le conseguenze legali del suo “folle gesto”, quello di pubblicare dei link sul proprio sito. Nella fattispecie, link al programma DeCSS che supera le protezioni anticopia dei DVD.
Dopo anni di pressione da parte dei crociati del copyright a tutti i costi, di campagne di stampa durissime contro il “far west” in internet, appare a molti addirittura ovvio che si possa essere condannati da un tribunale per aver pubblicato un collegamento ipertestuale sulle proprie pagine.
Appare cioè ovvio che si possa essere condannati non perché si è autori di una pubblicazione ritenuta illecita ma perché si è deciso di parlarne, si è deciso che gli utenti del proprio sito possano visualizzarne i contenuti e prendere qualsiasi decisione con la propria testa.
La sentenza che condanna 2600.com – a cui l’hacker quarterly ha preferito non appellarsi – si basa sulle misure che negli Stati Uniti sono previste tra le numerose follie del Digital Millennium Copyright Act (DMCA). Una legge restrittiva che i discografici, come gli studios di Hollywood, usano contro molte attività online e dalla quale chiedono ora una “licenza speciale” per poter raccare i sistemi di file-sharing utilizzando mezzi che quella normativa vieta.
Potremmo accantonare tutto pensando che in fondo questi soggetti sono americani, che sono cose di un altro mondo. Ma sarebbe come mettere la testa sotto la sabbia. Se lo facessimo, dovremmo fingere di ignorare qual è il vento che arriva dall’Ovest e ancora di più quali sono le normative che anche nell’Unione Europea stanno abbattendosi sulla rete, leggi che tradiscono una sostanziale cecità di vedute quando si viene alle libertà digitali. Basti pensare alla recente direttiva che aggredisce la privacy dei cittadini europei nell’ era digitale .
La verità è che non è possibile fingere di non vedere. C’è un accerchiamento in corso e come tale giunge da diverse direzioni e con motivazioni diverse. E aggredisce libertà essenziali come quella di link con tutto l’obsoleto peso di normative proprie del mondo fisico.
Non ci si cura dell’effetto che tutto questo può avere e sta avendo sulla salute di internet e sulla sua fruibilità. Soprattutto non si ha il coraggio di dirsi che tutto questo soffoca quelle promesse di nuove libertà che la vecchia economia applicata alla rete vede come fumo negli occhi o, più probabilmente, non vede affatto.
Ed oggi è un giorno triste.