Roma – Non si conoscono ancora le modalità né la tempistica ma appare ormai sempre più probabile che a breve le major della discografia inizino a trascinare in tribunale non soltanto le imprese del settore del file-sharing ma anche gli utenti, andandoli a pescare tra i fan del peer-to-peer e dei network di condivisione.
L’idea, solo una volta attuata dall’Associazione internazionale dei discografici IFPI in Danimarca, è stata rilanciata nei giorni scorsi dall’autorevole Wall Street Journal e da allora, dicono voci vicine all’industria, ha preso il volo e sta interessando i manager del business multimiliardario secondo cui la condivisione dei file va combattuto con ogni mezzo .
Fino ad oggi l’industria si è perlopiù limitata a far valere i propri sempre più ampi diritti di proprietà intellettuale contro le aziende del file-sharing, arrivando a distruggere letteralmente iniziative di enorme richiamo, come Napster o, più recentemente, AudioGalaxy. Alcune eccezioni, come le accuse e le minacce rivolte dalla band dei Metallica agli utenti che scambiavano la loro musica, si sono poi risolte in un nulla di fatto con il ritiro delle denunce. Questo anche a causa di un movimento spontaneo nato contro questa pratica, movimento che ha assunto varie forme ponendo sempre i Metallica al centro .
Le accuse rivolte alle aziende del settore è sempre stata quella di aver favorito atti di pirateria musicale, atti che nella visione delle major erano commessi naturalmente dagli utenti dei network di condivisione. Utenti che molto presto potrebbero finire nel mirino della repressione antipirateria.
La pressione sui discografici aumenta progressivamente non solo per il sostanziale fallimento della crociata fin qui condotta contro la condivisione dei file ma anche per l’erodersi degli ancora stratosferici profitti dell’industria tradizionale. Il tutto condito dalla necessità di verificare la possibilità di distribuire musica online a pagamento sotto il loro diretto controllo, come nei casi di MusicNet, PressPlay e altri . Sistemi che oggi non possono sperare di avere neppure una frazione degli utenti che gratuitamente si collegano e utilizzano le reti di distribuzione e condivisione alternative.
Funzionari dell’industria discografica interpellati in queste ore sostengono che l’idea di perseguire gli utenti è ormai al vaglio ma che ancora non sono chiariti strategie e metodi di questa operazione. Sono in molti a ritenere che colpire i più assidui “condivisori” di musica e altri file debba accompagnarsi a nuovi sforzi per sensibilizzare contro la pirateria musicale.
Difficile dire, naturalmente, se un tentativo repressivo del genere possa riuscire ad allontanare la grande massa degli utenti da questi sistemi di condivisione. Fonti vicine all’industria indicano che sarebbero non più del 10 per cento gli utenti che negli ambienti di file-sharing mettono a disposizione grandi “cataloghi” di musica. Colpendo quelli, sostengono, si otterrebbero molti risultati.