Roma – C’è una guerra cyber che non si placa mai e che caratterizza le reti informatiche e lo sviluppo delle industrie connesse ad internet. Una guerra combattuta in tutto il mondo da migliaia di persone, da cracker e virus writer di ogni livello che nel mirino hanno istituzioni finanziarie, industrie infrastrutturali, raffinerie e altri impianti critici, in particolare centri di produzione elettrica.
Gli attacchi di cui si compone questa guerra sono i più diversi. Si va dal tentativo di mettere fuori uso siti web alla diffusione di virus, all’installazione di cavalli di troia su computer remoti per effettuare attacchi di interruzione di servizio (Denial-of-Service). E sono attacchi che in tutto il mondo vanno aumentando anno dopo anno.
Una mappa della caotica e non tanto sotterranea cyberguerra l’ha tracciata Riptech , multinazionale della sicurezza che ha clienti in decine di paesi diversi e che ha basato le proprie rilevazioni su quello che accade alle industrie e agli enti di mezzo mondo.
I paesi nei quali ha origine il maggior numero di attacchi cyber rispetto al numero degli utenti internet sono, secondo Riptech, Israele e Hong Kong.
Nella fascia dei paesi dove vi sono più di un milione di utenti internet, infatti, Israele fa registrare 33 attacchi ogni 10mila utenti, mentre ad Hong Kong il dato Riptech parla di 22 attacchi ogni 10mila utenti.
Ed è interessante notare come nei paesi dove la rete è meno diffusa, per esempio molti paesi arabi, la percentuale di aggressioni informatiche non scende, anzi. Nel Kuwait, dove gli utenti internet sono poco più di 100mila, ci sono 50 attacchi ogni 10mila utenti. E in Iran se ne registrano 30 ogni 10mila utenti.
Com’è prevedibile, in numeri assoluti la maggioranza delle aggressioni informatiche sono generate negli Stati Uniti, che sono però anche il paese dove più diffusa è la rete e sono americani una parte consistente degli utenti internet mondiali. Non stupisce, quindi, che subito dietro gli USA vi siano gli altri paesi ad alta penetrazione di internet, come la Germania, la Corea del Sud, la Cina e la Francia. Dagli USA vengono generati, secondo le osservazioni di Riptech, il 40 per cento delle aggressioni, il 7,6 per cento dalla Germania e via via a scendere gli altri.
Riptech sostiene di aver analizzato in modo approfondito i singoli attacchi che ha esaminato, casi che nell’insieme non rappresentano che una piccola percentuale del totale ma che secondo gli esperti sarebbero rappresentativi di quanto sta accadendo. L’azienda ha però evitato di tracciare un quadro politico della faccenda. “Non ragioniamo sui motivi – ha spiegato il vicepresidente dell’azienda Elad Yoran – vogliamo rimanere il più obiettivi possibile”.
Altri dati di interesse indicano che la crescita delle aggressioni informatiche, secondo lo studio, è pari al 64 per cento su base annuale. Inoltre mediamente le aziende prese di mira dai cracker subiscono 32 attacchi alla settimana contro i 25 della seconda metà dell’anno scorso.