Roma – La contestata Convenzione europea sul Cybercrimine, quella che estende i poteri di polizia e di indagine e armonizza le attività inquirenti tra i diversi paesi in tema di crimine informatico con un occhio particolare sulla pornografia infantile, offre ora il fianco a nuove critiche in materia di censura.
Come ampiamente previsto, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che raccoglie gli stati della UE, la Turchia e altri 17 paesi europei non appartenenti all’Unione, ha votato un protocollo di “tolleranza zero” verso quei siti che contengono e pubblicano materiali considerati razzisti, antisemiti oppure xenofobi.
La nuova mossa censoria, che sembra sottolineare l’incapacità di destrutturare le folli tesi degli autori di quei siti, tende a rendere illegali contenuti che sulla rete non hanno fatto altro che moltiplicarsi negli ultimi anni. Vista la difficoltà di impedire la circolazione delle idee in rete, a molti non appare ancora chiaro quale sia il senso “di governo” nella determinazione appena assunta.
Il protocollo non è in sé già operativo in quanto, per esserlo, dovrà essere approvato dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa: da questo organismo dipenderà il “passaggio” del protocollo ai singoli paesi per la sua ratifica.
A giustificare la posizione del muro-contro-muro ci ha pensato il relatore spagnolo Ignasi Guardans, secondo cui di siti razzisti “oggi ce ne sono circa 4mila, 2500 dei quali negli USA”. Proprio gli USA sono stati più volte accusati di eccessiva liberalità nello scegliere di non perseguire quei siti, protetti dal Primo Emendamento della Costituzione americana, quello sulla libertà di espressione. Sarà interessante studiare proprio la reazione degli USA al protocollo, visto che gli States hanno già deciso di aderire alla Convenzione sul Cybercrime nel suo complesso e che una forte polemica è già in corso proprio su questo punto.