Libertà in Internet: una chimera?

Libertà in Internet: una chimera?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il commento di Vincenzo Donvito, presidente ADUC, sulle determinazioni del Consiglio d'Europa sulla censura in Internet
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il commento di Vincenzo Donvito, presidente ADUC, sulle determinazioni del Consiglio d'Europa sulla censura in Internet


Firenze – L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha votato un protocollo con cui stabilisce la “tolleranza zero” nei confronti di quei siti Internet che danno spazio a idee considerate razziste, antisemite o xenofobe. Il protocollo sarà operativo quando il Comitato dei ministri dello stesso Consiglio lo approverà e passerà ai singoli Stati per la ratifica. Secondo la relazione che ha accompagnato l’approvazione di questo protocollo, i siti razzisti nel mondo sarebbero 4 mila (2500 solo negli Usa).

Dopo la possibilità che il “grande orecchio” (su telefoni e tutte le comunicazioni via telematica) sia uno dei metodi di controllo che le autorità di polizia utilizzeranno per garantire la nostra sicurezza, non ci si poteva aspettare di meglio.

Il fatto che gli Usa siano il luogo in cui la maggior parte dei siti Internet accusati di razzismo, trovino spazio, non fa riflettere nessuno? Sarà bene ricordare il primo emendamento della Costituzione americana, in forza del quale, ogni tentativo di soppressione di queste forme di espressione, è sempre vanificato: “Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al Governo per la riparazione di torti subiti”.

E non è che negli Usa chi gestisce siti in odore di razzismo se la passi tanto bene. Procedimenti giudiziari per questo o per quell’altro motivo sono all’ordine del giorno, ma mai l’autorità si sogna di impedirgli di comunicare con la chiusura del sito, limitandosi a perseguire lo specifico reato che viene contestato e riconosciuto tale. E’ un metodo di giustizia e civiltà che ha fatto sì che quel Paese è stato e continua ad essere terra d’asilo per tutti i perseguitati del mondo e per le loro idee.

Un esempio che non va sottovalutato nel considerare, invece, quello che le nostre autorità europee considerano invece il metodo per eccellenza contro il razzismo: la censura. La censura buona contro i cattivi che, sicuramente, se avessero loro il potere eserciterebbero altrettanto censura che considererebbero buona. Cioè chi ha il potere stabilisce cio’ che è buono e cio’ che è cattivo, anche per la coscienza e la cultura degli individui.

Un metodo che riconduce l’esistenza degli esseri umani ad una lotta continua per il potere che, conquistatolo, lo si esercita schiacciando chi la pensa diversamente. E non c’è molta differenza che questo avvenga in uno Stato autoritario o in una democrazia: tutti condannerebbero la censura in uno Stato autoritario, e molti l’accetterebbero perchè esercitata in una democrazia. Ma sempre censura è!

O forse c’è ancora qualcuno che crede che impedendo a qualcuno di parlare e di esprimersi possa cancellare il suo pensiero, per ignominioso che possa essere considerato? Povero illuso. Così come povere illuse sono le istituzioni europee che si apprestano a decidere il bando di alcune idee: non faranno che facilitare il loro risorgere (sicuramente in maniera clandestina, cruenta e anche violenta) piuttosto che il loro lento estinguersi per incapacità di attecchire sulle coscienze degli individui.

Ma non è escluso che i nostri governanti europei abbiano una limitata fiducia in queste coscienze degli individui, per cui si sentono in diritto di dir loro cosa è giusto e cosa non lo sia, piuttosto che reprimere quei comportamenti e quegli atti che, quando si manifestano, ledono la libertà di altri.

E’ quanto fa la differenza fra un regime e la libertà. E forse, visto che grossomodo è così negli Usa, studiare con più attenzione il meccanismo e il fenomeno prima di legiferare sull’irreparabile, non sarebbe una follia libertina.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

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Pubblicato il
1 ott 2002
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