Roma – L’uso dei personal computer nelle scuole serve agli alunni, eccome. Questa l’estrema sintesi delle opinioni di alcuni esperti britannici che hanno voluto reagire al clamoroso studio israelo-americano sull’utilizzo dei PC nelle scuole, uno studio che ha sollevato enorme scalpore.
Secondo il professore del Massachussets Institute of Technology (MIT) Joshua Angrist e Victor Lavy, docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, infatti, l’uso dei computer nelle scuole non solo non offre palesi vantaggi didattici ma in molte circostanze può persino rivelarsi dannoso alla crescita intellettuale degli alunni. Una tesi contro la quale ora si stanno schierano diversi importanti soggetti britannici.
In particolare a sostenere che lo studio di Angrist e Lavy sia fallato sono la BECTA (British Educational Communications and Technology Agency), in pratica l’agenzia governativa che ha in carico la diffusione e la promozione dell’Information Technology a tutti i livelli educativi e formativi in Gran Bretagna, e il sindacato degli insegnanti NUT (National Union of Teachers). Entrambi sostengono che lo studio non ha verificato l’utilizzo effettivo dei computer nei diversi livelli di studio né gli approcci originali di ogni paese all’uso di questo strumento nelle classi.
A non convincere i ricercatori britannici sarebbero i risultati di alcuni test condotti per realizzare lo studio sul rendimento degli alunni dotati di computer. Secondo questi test, infatti, alle elementari le capacità matematiche risulterebbero minori o comunque non migliori nei bambini che lavorano con il computer rispetto a quelli senza. Questi ed altri dati secondo gli autori del rapporto ora contestato mettono in luce l’inutilità di una forte spesa IT nella didattica.
Secondo Becta, invece, “c’è una enorme quantità di prove che l’uso efficiente dei computer da insegnanti capaci stia aumentando gli standard qualitativi delle scuole britanniche. I dati derivanti dalle ispezioni Ofsted in 2.110 scuole elementari e i rest in inglese, matematica e scienze in queste scuole, evidenziano il vantaggio offerto dai computer”.
I responsabili dell’ente governativo inglese sostengono inoltre che “alunni di 11 anni in scuole con buone risorse informatiche mediamente ottengono nei test di inglese, matematica e scienza risultati migliori di quelli che si trovano in scuole che non dispongono delle medesime risorse”.
E la situazione italiana? Oltre all’esperienza di alcuni docenti non sempre entusiasmante, e sempre nell'”incubo” dell’ aggiornamento , c’è una grande attenzione all’informatica nel mondo della scuola, almeno a sentire il ministro all’Istruzione Letizia Moratti . Ancora, però, mancano studi estensivi sull’effettiva efficacia del computer nelle nostre classi.