Roma – Passa in prima lettura la legge finanziaria 93-96 e trova puntuale conferma la delusione di tutti quelli che aspettavano le innovazioni capaci di far muovere il Paese verso la terra promessa della società dell’informazione.
Innovazioni: abbiamo anche un ministro ad hoc , persona competente e attiva, che si muove, dice, propone, istituisce commissioni… e poi non succede nulla.
E’ successo con la larga banda: la commissioni istituita insieme al Ministero delle comunicazioni ha prodotto un rapporto che “fotografa” perfettamente la situazione, affronta il fondamentale problema del digital divide, indica con chiarezza i motivi che impongono un rapido sviluppo dell’infrastruttura e dei servizi. Ma di tutto questo il Governo e la maggioranza parlamentare non si curano. E stanziano qualche spicciolo con disposizioni di chiaro stampo demagogico per incoraggiare i collegamenti a larga banda là dove ci sono e dove non servono incentivi.
E l’opposizione che fa? Avanza emendamenti che, nella sostanza, non sono molto diversi dalle proposte del Governo e presentano lo stesso difetto di fondo: non hanno alle spalle un quadro organico delle politiche di sviluppo della società dell’informazione.
Scrive l’onorevole Folena, nella cortese risposta al nostro articolo di una settimana fa, che si tratta solo di emendamenti e quindi non possono far parte di un quadro complessivo. Non mi sembra una buona ragione, perché anche un emendamento potrebbe riflettere un “progetto di sistema” e offrire una diversa visione delle azioni da impostare.
Folena cita una vecchia proposta dei Democratici di sinistra, volta ad assicurare la disponibilità della larga banda ai comuni con una popolazione superiore a 10.000 abitanti. Potrebbero essere otto, quindici o ventimila, la sostanza non cambia: non si tratta di scegliere a quale livello far passare la linea rossa del digital divide, il problema è eliminarla. E, nell’attesa che sia completata l’infrastruttura a larga banda, si deve favorire l’uso di quella che abbiamo chiamato “lunga banda”, con l’introduzione di tariffe “flat” anche per i collegamenti in banda stretta (vedi Ma la banda deve essere soprattutto “lunga” ).
A ben guardare, sia le proposte del Governo sia quelle dell’opposizione sembra che vadano incontro alla politica commerciale di Telecom Italia: portare l’infrastruttura solo dove può rendere bene.
Invece, se la larga banda è uno strumento essenziale per lo sviluppo del Paese, e se è più utile dove lo sviluppo è meno forte, allora il problema deve essere visto in un’ottica di servizio universale. Senza considerare che non sono proibitivi i costi per raggiungere una parte importante degli oltre 8.500 comuni italiani (e non poco più del 20 per cento, come è nei programmi di Telecom Italia). Torneremo presto su questo punto, esponendo anche qualche cifra indicativa.
Occorre poi che le poche risorse disponibili siano indirizzate là dove veramente servono: quindi non sul digitale terrestre, dove semplicemente il servizio non esiste, o sul W-Fi, che non ha certo bisogno di essere incoraggiato (in Italia non è ancora decollato non a causa di difficoltà economiche, ma per ostacoli normativi).
Affrontiamo ora l’altro importante argomento sul tappeto: la diffusione del software open source, in particolare nella pubblica amministrazione. L’onorevole Folena cita le proposte legislative avanzate dalla sinistra: proposte, anche queste, che difettano di una visione d’insieme del problema e che suscitano non pochi dubbi anche nell’ottica del libero mercato (vedi Una partita aperta per il nostro futuro ).
L’adozione del software a sorgente aperto implica la soluzione di problemi complessi. E’ necessario mettere a fuoco diversi aspetti, dai requisiti dei programmi e dei documenti all’interoperabilità, senza dimenticare le questioni contrattuali. Solo partendo da un chiaro quadro di riferimento si possono formulare ipotesi legislative efficaci.
Quindi ha fatto bene il ministro Stanca a istituire una commissione di esperti incaricata di studiare il problema (si veda il comunicato). La presidenza affidata al professor Meo, che unisce una profonda competenza nella materia a un incrollabile entusiasmo, può garantire risultati utili. Ma se il rapporto della commissione farà la stessa fine di quello sulla larga banda, allora resteremo al punto di partenza e alle proposte scoordinate e impraticabili. Per andare avanti non bastano le buone intenzioni.
Manlio Cammarata
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