Roma – C’è in internet un clima che si sta rapidamente surriscaldando dopo il Social Forum di Firenze e gli arresti ordinati dalla procura di Cosenza nei confronti dell’attivista Francesco Caruso e altri, con l’accusa di aver “costituito e fatto parte di un’associazione sovversiva nel territorio dello Stato, all’interno di una associazione molto più vasta, denominata ‘rete meridionale del sud ribellè costituita formalmente a Cosenza il 19 maggio 2001 che unisce numerosi soggetti e gruppi antagonisti del meridione”.
Un provvedimento scattato ai sensi dell’art. 270/bis che ha provocato l’immediata reazione di una serie di realtà che attraverso la rete organizzano da anni le proprie attività antagoniste. E che ora proprio via Internet stanno mettendo in piedi una forte reazione a quello che considerano un inaccettabile attacco giudiziario.
Da ecn.org, snodo online dell’associazione di Isole nella Rete, è partito nelle scorse ore un appello perché sia effettuato un netstrike contro il ministero di Giustizia, sul sito giustizia.it , tra le 10 e le 12 di oggi, lunedì 18.
“Si deve rispondere con forza ed unitariamente – scrive Isole – ad un’azione repressiva che va a colpire chi è più attivo in Rete e nelle piazze nel portare contenuti di dissenso o nel tentare di difendersi da una repressione che ha fatto feriti e morti anche negli ultimi anni di lotta politica. Contro tutte le forme di censura politica, contro la criminalizzazione dei movimenti e contro tutte le galere, invitiamo tutte le forze dei movimenti attivi da Genova a Firenze (nessuno escluso), a mobilitarsi per la liberazione degli attivisti arrestati”.
In queste stesse ore emerge, e fa arrabbiare molti, la notizia secondo cui uno dei siti di movimento, inventati.org sarebbe sotto controllo sempre nel quadro dell’indagine della magistratura di Cosenza. Come si legge in alcuni articoli apparsi anche online, il manuale “Autodifesa” pubblicato nella sezione “sudribelle” del sito, redatto da due degli arrestati relativo ai possibili scontri con le forze dell’ordine, sarebbe il motivo dell’attenzione della procura verso il sito.
Secondo il Gip Nadia Plastina di Cosenza, la custodia cautelare si è resa necessaria perché i 20 arrestati avrebbero in animo di “sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito dallo Stato, di sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, di sovvertire l’ordinamento del mercato del lavoro e di caratterizzare progressivamente tutta le rete meridionale del Sud ribelle per farla diventare una più vasta e pericolosa associazione sovversiva che utilizzi il metodo della violenza per il raggiungimento di detti scopi”.
Un’accusa che viene respinta da ogni “nodo” del movimento che in queste ore si sta esprimendo sulle numerose mailing list ad esso collegate. Ma che lascia perplessi anche chi, come la celebre organizzazione pacifista Peacelink , è da sempre attenta osservatrice delle realtà antagoniste e di movimento.
“Viene da chiedersi – scrive Carlo Gubitosa, uno dei giornalisti chiave in Peacelink, parlando dell’applicazione del 270 bis – che cosa accadrebbe se qualcuno pensasse di leggere il codice penale qualche riga più sotto, scoprendo a poche righe di distanza l’articolo 271, che punisce le “associazioni antinazionali” e prevede la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque “promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongono di svolgere o che svolgono un’attività diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale”. Se tanto mi dà tanto, la prossima retata sarà a Pontida.”
Anche Alessio Papini, capogruppo dei Verdi a Firenze, interviene nella questione con una nota nella quale afferma, tra l’altro, “l’importante adesso è mantenere i nervi saldi e chiedere l’immediata scarcerazione di Caruso e dei suoi. Non escludo che ci sia la volontà precisa di creare le condizioni per poter ripresentare l’equazione movimento new-global = terroristi. Già vedo i giornalisti di regime impegnati da questo punto di vista su TV, quotidiani e settimanali direttamente o indirettamente controllati dal governo. Sono sempre stato poco entusiasta e critico su metodi e toni mediatici dei disubbidienti, ma è chiaro che da oggi ci sentiamo tutti un po’ più disubbidienti”.
Ad alzare ulteriormente la tensione è giunta in queste ore anche la dichiarazione del centro sociale Intifada di Empoli secondo cui sono circa 700 i messaggi di posta elettronica inviati nei giorni del Social Forum al centro sociale che sono… spariti. Ed è questo il contenuto di una denuncia di Intifada al Garante per la privacy, dove si racconta anche delle prove tecniche effettuate che dimostrerebbero inequivocabilmente una situazione di grave violazione delle libertà digitali. Si sospetta che “qualcuno” abbia ottenuto quantomeno copie abusive dei messaggi.
Agli arresti reagiscono rilanciando il netstrike anche realtà come il LOA HackLab di Milano e il LEP Laboratorio Elettronico Popolare Milano che in una nota attaccano l’operazione voluta dalla magistratura sostenendo che è frutto dell’intercettazione di massa di telefonate e messaggi di posta elettronica.
“Stiamo assistendo – scrivono – ad una gigantesca operazione di controllo e schedatura politica operato dagli apparati repressivi dello stato che utilizzano in modo alquanto disinvolto tutte le tecnologie loro in possesso. E’ chiaro allora come l’uso e l’accesso agli strumenti comunicativi messi a disposizione da internet stia diventando esso stesso un terreno di conflitto e di lotta, ma per fortuna molti soggetti e/o gruppi attivi sulla rete già da tempo hanno chiaro qual è la posta in gioco: la libertà di esprimersi e comunicare, di sognare/progettare/praticare un mondo diverso”.
Il LOA di Milano propone anche una settimana di protesta digitale, anteponendo delle “splash page” alle home page dei siti di movimento con la solidarietà agli arrestati.