Roma – Dalla Danimarca arriva una notizia destinata a scuotere il mondo del peer-to-peer: per la prima volta sono stati individuati, e verranno portati in tribunale, 150 utilizzatori di sistemi p2p ai quali i fonografici hanno ora chiesto l’equivalente di circa 110mila euro per aver scaricato materiale protetto da copyright.
Stando a quanto riportato dalla Reuters, il Gruppo Antipirateria Danese (APG) avrebbe commissionato ad un team di sviluppatori universitari un software capace di tenere traccia di alcune delle operazioni svolte su network di condivisione molto noti, come KaZaa o eDonkey. Un software che avrebbe consentito non solo di individuare i numeri IP dei computer degli utenti coinvolti nello scaricamento di file ma anche di tenere traccia di quali file con quegli IP sono stati condivisi.
Con questo materiale i legali di APG si sono rivolti ad un tribunale danese che ha accettato di chiedere ufficialmente ai provider di fornire alla magistratura i dati degli utenti che corrispondevano agli IP rilevati dal Gruppo Antipirateria.
Successivamente, APG ha preparato per circa 150 persone altrettante fatture che ha spedito per posta, fatture che nell’insieme raggiungono un milione di corone danesi, pari a circa 100mila euro. Fatture che vorrebbero rappresentare “il giusto compenso” per i download effettuati ma che per alcuni rappresentano invece una prepotente richiesta di danni. Insieme alla fattura ai 150 è stato notificato anche l’avvio ufficiale delle indagini nei loro confronti.
A contestare la clamorosa mossa di APG sono alcuni esperti di cose della rete e del diritto, che mettono in evidenza le enormi difficoltà che avrà APG nel dimostrare se un certo file contestato ad un determinato utente sia effettivamente un file che viola il copyright, e questo in assenza di un “sequestro di massa” di computer e della conseguente analisi dei materiali che vi sono archiviati.
Morten Lindegaard, legale APG, sostiene che “quello che stiamo chiedendo è un pieno pagamento per l’uso di questi materiali protetti da copyright”. APG, a quanto pare, ha calcolato l’ammontare della fatture seguendo uno schema per il quale un brano musicale “vale” 20 corone, un film nel vale 200 e un videogioco circa il doppio.
Occorre sottolineare che proprio APG ha collaborato a suo tempo con la IFPI, la Federazione dell’Industria Fonografica, quella che già nel marzo 2000 chiese che venissero individuati e perseguiti i singoli utilizzatori dei sistemi di condivisione e non ci si limitasse ad aggredire legalmente i produttori e i distributori dei software per il peer-to-peer.
Va detto che proprio in Danimarca il dibattito sul peer-to-peer è particolarmente acceso come dimostrato peraltro dall’iniziativa governativa dell’anno scorso che sembrava puntare alla “legalizzazione” del peer-to-peer prima di naufragare in un nulla di fatto.
E mentre alcuni esperti segnalano che non può essere l’AGP a quantificare l’eventuale ammontare di danni che solo un tribunale può stabilire, tutta l’operazione ha iniziato a scatenare un putiferio di polemiche, una parte delle quali possono facilmente essere rintracciate in queste ore su Usenet. Intanto una 50ina di coloro che sono stati raggiunti dalle fatture ha iniziato a muoversi chiedendo l’intervento del Consiglio dei Consumatori danesi che, però, ha per ora dato ragione ad APG.
Secondo Lindegaard, che ha anche coordinato la realizzazione del “software spia”, i 150 sotto accusa avrebbero scaricato le “top 10” dei film, della musica e dei videogiochi, dall’ultimo “Star Wars” ai brani di “Eminem” passando per games come “Grand Theft Auto”.