Roma – Alla fine, per l’azienda russa Elcomsoft processata in California è arrivata la clamorosa assoluzione che molti si auguravano. Elcomsoft era accusata di aver violato la famigerata legge Digital Millennium Copyright Act (DMCA) per aver realizzato un tool capace di superare le protezioni al copyright di un software per e-book creato da Adobe, averne ideato la commercializzazione e persino per aver cospirato per riuscire nell’intento.
Le accuse, basate sulla rigida applicazione del DMCA, legge americana severissima a protezione del copyright, si sono scontrate con una difesa che ha messo in primo piano il fatto che l’eventuale vendita del tool non sarebbe stata rivolta agli utenti americani e, dunque, non avrebbe potuto costituire violazione della legge USA. E non è secondario il fatto che il “primo scopo” del reader messo a punto da Elcomsoft certo non era quello di violare i prodotti Adobe.
Contro Elcomsoft si era accanito il Dipartimento di Giustizia americano sostenuto dalla grande industria del software, secondo cui la realizzazione di un tool di questo tipo rappresenta un vero e proprio attacco al copyright. Alla conclusione del dibattimento, il giudice aveva chiesto alla giuria di stabilire se Elcomsoft avesse realizzato il suo tool per violare il copyright. E la giuria ha assolto l’azienda.
“Il verdetto di oggi – ha subito commentato un avvocato della Electronic Frontier Foundation , gruppo che si batte per le libertà digitali – manda un messaggio forte ai procuratori federali per i quali occorre mandare in galera chi realizza tool solo perché ad un detentore di copyright quel tool non piace”.
Occorre infatti considerare che secondo il DMCA chi “di propria volontà e per scopi commerciali o vantaggi finanziari privati” viola il copyright può subire una pena fino a cinque anni di carcere e fino a mezzo milione di dollari di multa fin dalla prima violazione di questo tipo.
Il processo contro Elcomsoft, da molti considerato alla stregua di una insopportabile farsa per i molti retroscena inquietanti che l’hanno circondato, era nato dopo l’arresto di un programmatore dell’azienda, Dmitry Sklyarov , rilasciato dalle autorità USA solo dopo molte settimane. Lo stesso Sklyarov, che già aveva cantato vittoria una volta rientrato a Mosca, ha testimoniato al processo. E in quella sede ha spiegato che quando a Mosca ha creato quel tool, non ha dato alcuna importanza al fatto che potesse violare le leggi americane. In Russia infatti quel software è legale.
Soddisfazione per il procedimento l’ha espressa anche l’alleanza dei produttori del software, la Business Software Alliance (BSA) che ritiene comunque importante che un caso del genere abbia raggiunto un’aula di tribunale. “Il DMCA – ha spiegato un portavoce della BSA – prevede sanzioni criminali chiarissime che possono e dovrebbero essere imposte nei casi di furto o tentato furto di software e altri elementi digitali… Noi spingiamo i procuratori a continuare con forza a perseguire le sospette violazioni della legge”.
Il deputato repubblicano Rick Boucher, invece, che già aveva proposto alcune modifiche al DMCA, ritiene che quella legge continui a rappresentare un problema anche dopo la sentenza Elcomsoft. “Per quanto riguarda la legge – ha spiegato – è ancora più evidente il bisogno di una sua riforma. La giuria ha concordato una decisione valida, ma un’altra giuria in futuro su un caso simile potrebbe decidere il contrario. La legge chiaramente contempla la possibilità di condanna anche laddove non vi siano violazioni ma soltanto tecnologia che facilita il superamento di sistemi tecnici di protezione”. Va da sé che la riforma Boucher avrebbe impedito al Dipartimento della Giustizia di trascinare Elcomsoft al processo.
Contro il DMCA oggi sconfitto in tribunale, peraltro, si sta alzando una certa polvere visto il ripetersi di clamorosi casi in cui la sua applicazione è foriera di ingiustizie . Si veda a questo proposito:
Gli ISP americani si ribellano alla RIAA
DVD-crack, Perens ci ripensa!
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