Roma – Che fine fa un computer che finisce in un cassonetto? Come si può evitare che i componenti dei PC e degli accessori degradino nell’ambiente ad accrescere il tasso di inquinamento? Sono queste alcune delle domande che da diverso tempo, e con una inusuale costanza, l’Unione Europea sembra aver deciso di non mettere da parte per tentare invece di fornire addirittura qualche risposta.
A fronte dell’esplosione “demografica” dell’hardware informatico in tutti gli strati delle aziende e della popolazione dei paesi ricchi, già assediati da rifiuti complessi e a grave impatto ambientale, dal Parlamento Europeo alla vigilia di Natale è giunta l’approvazione di una sospirata direttiva che mira a ridurre il più possibile le conseguenze dovute, tra le altre cose, all’enorme diffusione dei ricambi per stampanti, cartucce colore in particolare.
Come ben sanno le decine di milioni di utilizzatori di questi device, la sostituzione delle cartucce è una spesa inevitabile e frequente, che si traduce in quantità abnormi di prodotti potenzialmente molto inquinanti che vanno smaltiti. A partire dal 2006, quando dovrebbero essere superati tutti i problemi dispositivi e regolamentari, i principali produttori di stampanti e cartucce dovranno rivedere il loro design affinché si riduca il più possibile la quantità di materiali dannosi che si trovano nella porzione delle cartucce che dev’essere cambiata dall’utente quando l’inchiostro si esaurisce. Allo stesso modo e con gli stessi principi si dovrà agire in molti dei settori della produzione dell’ hardware informatico.
Si tratta di un piccolo passo avanti che porta a casa alcune delle promesse emerse alla vigilia del voto del Parlamento Europeo. Di certo rimangono in piedi numerose perplessità legate soprattutto ai costi di questo cambiamento e al pericolo che si riflettano sul consumatore, andando quindi a penalizzare un mercato che certo non sta attraversando il suo momento più brillante (sebbene negli USA si stia pensando ad una imposta specifica per il riciclaggio da far pesare sul prezzo d’acquisto dei prodotti). E rimane in sospeso anche la vicenda dei produttori meno “consapevoli”, in primis quelli locali, che tenteranno di aggirare la normativa a spese dei produttori e distributori intenzionati a rispettarla.
Forse, però, al di là del contenuto della direttiva un merito sarà conquistato in ogni caso. Perché è certo che solo attraverso l’azione dell’europarlamento è possibile rafforzare in Europa una coscienza ecologica che nel mondo informatico ha fino ad oggi trovato poco o pochissimo spazio e, quando lo ha trovato, è stato essenzialmente ad esclusivi fini propagandistici o pubblicitari di questo o quel produttore. Una nuova consapevolezza potrebbe evidentemente portare a risultati ben più estesi di quelli menzionabili in una direttiva.