Roma – C’è una notizia di questi giorni passata ingiustamente quasi sotto silenzio ma che è davvero importante, perché per la prima volta viene contestato in modo autorevole che il computer a scuola sia utile. Una notizia che dev’essere valutata con attenzione dai docenti e dagli alunni, dall’intero settore informatico e naturalmente da quei paesi che tanto stanno investendo per dotare le classi di attrezzature high-tech.
Ad affermare che il computer potrebbe addirittura rivelarsi dannoso al rendimento scolastico è nientemeno che uno studio voluto dal Ministero dell’Istruzione britannico, un rapporto che ha analizzato quanto accaduto nelle scuole tra il 1999 e il 2002 studiando un campione rappresentativo di 700 studenti.
Le rilevazioni hanno posto in luce che, nelle materie nelle quali l’uso del computer è più diffuso, il rendimento degli alunni in alcuni casi è addirittura calato rispetto a quanto accadeva in precedenza. Una tendenza che sarebbe confermata dai risultati invece più che positivi ottenuti in quelle materie, come le lingue straniere, dove l’informatica assume un ruolo secondario nella didattica.
Da un’analisi che rapporta lo specifico delle materie e l’uso contestuale di computer emerge poi che i migliori progressi in materie scientifiche sono stati compiuti in quelle classi nelle quali minore è l’uso del PC.
La bocciatura per l’uso del computer da questo rapporto assume dunque una valenza di primo piano. E a poco è servita fino a questo momento la dichiarazione del ministro dell’Istruzione Charles Clarke secondo cui i risultati positivi dell’uso delle macchine informatiche in classe sono incontestabili: “Abbiamo speso un miliardo di sterline, stiamo ora cominciando a raccogliere i frutti di quell’investimento imponente”.
Quel che appare ovvio ad una prima valutazione del rapporto è che la produttività collegata al computer dipende in grande misura dall’utilizzo che se ne fa e qualcuno si aggrappa quindi alle annose polemiche sulla scarsa preparazione degli insegnanti. Altri mettono l’accento sul fatto che molte scuole, proprio per mancanza di training, abbiano ricevuto i computer ma ne abbiano messi in opera solo un numero ridotto.
E’ senz’altro vero che da uno studio ufficiale come quello condotto in Gran Bretagna non si possono trarre conclusioni definitive ma appare chiaro che i grandi investimenti del governo inglese, ma potremmo dire anche di quello italiano, francese o tedesco non sono stati ancora sufficienti per ottenere i risultati sperati.
Sebbene siano molti i docenti, anche da noi, che manifestano apprezzamenti per il PC nella didattica, e che proprio a Londra molti confermino l’impatto positivo dello strumento informatico, forse per la prima volta viene messo in dubbio che investire “ad oltranza” possa rivelarsi davvero utile.
Siamo quindi dinanzi ad una rara occasione, da prendere al volo senza preconcetti, per valutare se il gioco valga davvero la candela e per capire se, nel pieno della rivoluzione digitale, al PC non si stia chiedendo di sopperire al lavoro del docente anziché esserne un naturale complemento. Che non sia questa la vera ragione del calo dei rendimenti rilevati dallo studio?