Siamo condannati ad innovar(ci)

Siamo condannati ad innovar(ci)

Il ministro all'Innovazione sprona tutti i reticenti alla tecnologia, spiega che i bit son cosa bella e buona e perché anche l'occupazione ha da guadagnare con l'high-tech. L'alternativa è il baratro. Credere volere sviluppare
Il ministro all'Innovazione sprona tutti i reticenti alla tecnologia, spiega che i bit son cosa bella e buona e perché anche l'occupazione ha da guadagnare con l'high-tech. L'alternativa è il baratro. Credere volere sviluppare


Roma – Basta con i luoghi comuni secondo cui l’adozione delle nuove tecnologie e l’innovazione tecnologica nel suo complesso sono causa di disoccupazione. Basta con i timori e le ritrosie culturali all’innovazione, base di rilancio per le aziende pubbliche e private di qualsiasi dimensione. Questo, in sintesi, il pensiero espresso ieri dal Ministro all’Innovazione e alle Tecnologie Lucio Stanca, intervenuto a Foligno ad un incontro del Centro studi Nemetria.

“L’innovazione tecnologica ed i suoi vari strumenti, come computer, Internet, posta elettronica e banda larga – ha affermato il Ministro – non riducono l’occupazione ma, anzi, qualificano il posto di lavoro e gli stessi dipendenti”.

Secondo Stanca “siamo condannati all’innovazione se vogliamo continuare ad essere un paese progredito, economicamente avanzato”. Parole che sembrano richiamare gli ultimi dati europei sull’innovazione che bocciano decisamente proprio l’Italia.

Secondo Stanca ci si trova dinanzi ad una sorta di “pregiudizio occupazionale” capace di rallentare “l’adozione delle nuove tecnologie sul posto di lavoro, sia nel privato che nel pubblico”. “Questo – ha spiegato – è un atteggiamento in parte comprensibile, determinato pure dalla paura del nuovo e da abitudini di lavoro che è difficile sovvertire”.

Dunque, secondo il Ministro per innovare davvero occorre prima di tutto stimolare una cultura dell’innovazione, essendo “essenziale ed imprescindibile il problema di spiegare in modo convincente ai dipendenti quali sono i reali vantaggi che l’innovazione tecnologica determina, non solo per le aziende ma anche per ogni lavoratore, di qualunque grado e posizione, sgombrando così la strada dell’innovazione dai fantasmi”.

D’altra parte secondo il Ministro non c’è scelta: “Un Paese che vuol essere moderno ed economicamente avanzato è inesorabilmente costretto ad innovare per non perdere il passo, essere emarginato e schiacciato dai Paesi emergenti. È quindi necessario fare leva sull’innovazione come fattore di crescita, arricchendo lo sviluppo con prodotti e tecnologie nuovi, con un adeguato modello di business, creando ulteriore valore aggiunto. E solo con una crescita basata sull’innovazione si realizza nuova occupazione qualificata e, al tempo stesso, si ammoderna il Paese”.

Stanca già nei giorni scorsi aveva reagito alle critiche rivolte da più parti al Governo per i pochi fondi non solo alla ricerca tecnologica ma anche proprio all’adozione e diffusione delle nuove tecnologie dentro e fuori il settore pubblico. Ieri ha affermato che “sono ormai finite le armi che hanno portato al boom economico e fatto crescere il nostro Paese: negli anni ’50 e ’60 era il costo del lavoro a favorirci; negli anni ’80 è stata la svalutazione. Ora per essere competitivi ci resta solo l’innovazione e, quindi, dobbiamo stimolarne la diffusione”. A partire, afferma Stanca, dalle piccole e medie imprese.

Secondo Stanca, il Governo ha già fatto molto in questa direzione, sebbene i detrattori affermino il contrario: “Il Governo ha lanciato l’e-Government, aprendo con gli enti locali 138 cantieri digitali per portare in rete ad oltre 20 milioni di cittadini e alle imprese ben 80 servizi pubblici prioritari; ha promosso la firma digitale, che dà valore legale ai documenti telematici permettendo anche l’invio elettronico degli atti delle aziende al Registro delle imprese, con un risparmio di 260 milioni ? l’anno tra minori consumi di carta, riduzione dei costi di archiviazione e l’annullamento delle spese di spedizione”.

Concludendo, Stanca ha anche ricordato che ci sono 80 milioni di euro per l’incentivazione al commercio elettronico e altri 30 milioni di euro per lo stimolo all’attivazione di sistemi informativi di rete nei settori del tessile, abbigliamento e calzature.

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Pubblicato il
7 feb 2003
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