Giuda/ Domani i blog potrebbero morire

Giuda/ Domani i blog potrebbero morire

di Thomas Salerno - Dopo il convegno sui Blog si aprono una serie di interrogativi sul futuro di questo strumento di comunicazione. Un progetto per consentir loro di crescere, e di sopravvivere
di Thomas Salerno - Dopo il convegno sui Blog si aprono una serie di interrogativi sul futuro di questo strumento di comunicazione. Un progetto per consentir loro di crescere, e di sopravvivere


Roma – Da buon provinciale e da persona riservata quale, in definitiva, sono, ho seguito Blog Age, il primo convegno dei Blog italiani organizzato da quintostato.it, grazie alle potenti webcam messe a disposizione da Gianluca Neri (clarence.it e gnueconomy.net) e non di persona.

Quasi due ore di confronto in cui i blog più famosi e seguiti in Italia si sono presentati ed hanno detto la loro sul rapporto blog / stampa, sul come sono nati, su cosa sono. Due cose però mi hanno colpito: si è parlato poco di cosa saranno i blog domani, quando l’ondata modaiola che ora ci trascina finirà, non si è parlato affatto del rapporto fra blog e lettori, non si è parlato di profittualità, ricavi, copertura dei costi.

Un anno e mezzo fa, riallacciandomi alle parole che hanno segnato il web citate nel corso del convegno, la parola d’ordine era: Community. Ecco, fra tutte le parole che andranno a morire, fra cui certamente la terribile “blogosfera” (vi prego, eliminate questo terribile neologismo dal vostro vocabolario, mi sembra orribilmente simile nella sua genesi a “paninari”), un concetto che rimarrà sarà questa obsoleta community. Dai commenti che ho ascoltato, forse per colpa del fatto che fosse il primo incontro ufficiale dei blog, forse per un narcisismo che devo assolutamente stigmatizzare, si è parlato molto del rapporto blog / giornalismo, rapporto che io vedo assolutamente conflittuale, che del rapporto blog / lettori. Avere un mezzo con cui è possibile scrivere su Internet e raggiungere potenzialmente milioni di lettori è stato il traguardo dei primi siti internet personali che in Italia sono nati dal 1996 al 1999. Dare la possibilità ai lettori di dire la loro sull’articolo, integrarlo, commentarlo o smontarlo passo passo e rendere la pubblicazione a prova di utente è stato il traguardo dei blog. Ora è necessario andare oltre. Chiedersi chi si è, se si fa parte di una determinata categoria o meno (interessanti le disquisizioni su cosa sia un blog, ma assolutamente fini a se stesse), è totalmente fuorviante.

Il traguardo che i blog si devono preporre oggi è anzitutto quello di creare una propria community su basi solide. Poi, soprattutto, fare andare oltre all’autocitazione, all’autoreferenzialità i rapporti fra blog diversi e creare una vera e propria rete di informazioni, divise per settori come le pagine interne di un giornale, che sia stabile, automatica e,soprattutto, credibile. Tanto credibile da generare informazioni che trascinino con sé valore.

Gli aggregator e le comunità come United BlogZine of www sono il primo passo. Il futuro va costruito come un misto fra United BlogZine of www (ma senza l’immissione diretta degli articoli da parte dei webmaster), il neonato blognews (ma senza l’asetticità di un insieme di feed rss/xml che saranno comunque gli strumenti da utilizzare), skip pop (ma il meccanismo di rating andrà a mio avviso pesato: una citazione sul blog con 100 visite vale meno di una citazione su un blog con 3000 visite) e? Google News.

Per fare questo, come si è giustamente detto a Blog Age, è necessario costruirsi i mezzi. Se l’anima ai programmi (Movable Type su tutti) ce l’hanno messa i blogger, è anche vero che la tecnologia è piovuta dall’alto.

Serve un gruppo di programmatori, un editore, un gruppo di blog specializzati. Serve un manifesto, un progetto, un traguardo. Serve un meccanismo di rating integrato: citazioni (sulla stregua degli odiosi impact factor) e accessi alle singole notizie. Serve un modello di business integrato: web e giornale. Serve una edizione cartacea giornaliera, snella, a costi minimi, che pubblichi i pezzi migliori e li venda in edicola, che raccolga la pubblicità e distribuisca i profitti in maniera assolutamente trasparente secondo il più classico del revenue sharing.

Servono poche cose: un piccolo investimento per partire. Un direttore che sappia cosa sia e come funziona il mezzo blog e il mezzo cartaceo (grido due nomi, nell’attesa che rispondano: Sabelli Fioretti e Gianluca Neri) e che abbia le conoscenze e il coraggio necessario per partire, oltre che di mettersi in gioco. Una struttura e tante immagini, che oggi sui blog mancano.

Insomma, i blog devono uscire dal web. Prima aggregandosi in maniera definitiva con un metasito, poi raccogliendo lettori in edicola, travolgendo una volta per tutte anche questi terribili giornali ricoperti di cellophane che si trovano nelle edicole. Dobbiamo iniziare a capire che la mattina qualcuno ci vuole leggere anche senza collegato in rete: sul treno, ad esempio. Capire che oltre il web ci sono altri potenziali lettori; anzi, che oltre il web c’è il grosso del nostro potenziale target che ora stiamo disgraziatamente trascurando, oltre che un mercato pubblicitario più adulto e meno insulso che il nostrano, fatto banner e dialer che giustamente la comunità blogger ha messo al bando.

Bisogna ora capire se possiamo scriverci riga per riga i mezzi necessari sul web, e, soprattutto, se qualcuno vuole mettere il proprio nome e la propria esperienza per costruire qualcosa che, come un ponte, unisca due sponde vicine. Personalmente, lancio il sasso.

Perché è vero che è interessante leggerci. Ma domani la gioia di guardare quanti mi leggono potrebbe scemare. Domani potrei stancarmi di leggerti e fare la fortuna di un blog più nuovo, con qualche tetta in prima pagina anziché un report sulla guerra. Domani potrei non avere più tempo per portare avanti un sito che sì, mi regala emozioni, ma ruba tempo e non riesce ad offrirmi nemmeno un caffé. Domani potrei diventare da solo una fonte autorevole, ma un personaggio pubblico potrebbe denunciarmi, anche senza alcuna ragione, e farmi chiudere il blog, perché non abbiamo i mezzi, l’ordine alle spalle, la tutela giudiziario/legislativa che dovremmo avere.

Domani.
Domani potremmo davvero rivoluzionare la comunicazione scritta perché ci sono le persone e i contenuti per farlo, oltre che una mentalità nuova, vivace, pronta all’innovazione che manca da troppo tempo nella carta stampata. E perché non so se quello che scriviamo sia una fonte, ma certamente è scritto bene, è appassionante, ha un valore e crea valore.

Domani.

Perché domani, se non tentiamo il grande passo, i blog potrebbero non esistere più e rimanere solo come un ricordo, una vecchia moda legata a futili neologismi.

Thomas Salerno su Giuda.it, il sito che non tradisce

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Pubblicato il
18 apr 2003
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