P2P, assolti Morpheus e Grokster

P2P, assolti Morpheus e Grokster

Clamorosa decisione in primo grado di un giudice americano che accoglie la tesi Betamax e ritiene innocenti i creatori dei software peer-to-peer per eventuali azioni illegali commesse dagli utenti. Discografici su tutte le furie
Clamorosa decisione in primo grado di un giudice americano che accoglie la tesi Betamax e ritiene innocenti i creatori dei software peer-to-peer per eventuali azioni illegali commesse dagli utenti. Discografici su tutte le furie


Roma – Una decisione clamorosa che non condanna la pirateria ma secondo molti riporta equità in una guerra legale scatenata dai discografici contro i produttori del software peer-to-peer. Suscita infatti enorme interesse la sentenza di primo grado con cui il giudice distrettuale Stephen Wilson di Los Angeles ha deciso che due dei maggiori produttori di quel genere di software non possano essere considerati responsabili per l’uso talvolta illegale che dello stesso software fanno gli utenti internet.

In 34 pagine, Wilson motiva la sua decisione su Grokster e StreamCast Networks (che distribuisce Morpheus) con l’accoglimento della “difesa Betamax”, una tesi finora inutilmente portata in tribunale dai legali di queste e altre aziende del settore. Il riferimento è al caso che nel 1984 assolse Sony da ogni responsabilità per l’uso talvolta illegale che gli acquirenti dei videoregistratori avrebbero potuto fare di quei dispositivi. Anche in quel caso le major, quelle del cinema, temevano che la novità tecnologica producesse il crollo del proprio mercato, prima che proprio i VCR, con il VHS, divenissero una delle più importanti fonti di reddito dello show business.

Secondo Wilson, dunque, non ci sono prove per affermare che le aziende del software peer-to-peer possano controllare quello che gli utenti fanno con quei programmi. Wilson non ha deciso su KaZaa, pure coinvolto nel procedimento , perché i produttori di quest’ultimo software, Sharman Networks, non hanno chiesto il summary judgement ottenuto invece da StreamCast e Grokster.

Proprio Wayne Rosso, presidente di Grokster , ha applaudito alla sentenza affermando che finalmente “ci ha vendicato. Noi non siamo pirati. Questo è un insegnamento per le industrie discografiche e cinematografiche. Devono ripensare il proprio modello di business”. Anche Sharman Networks ha naturalmente sottolineato l’importanza della sentenza in un caso che l’azienda ha affrontato con estrema energia, accusando ufficialmente le major di tentare la via legale per distruggere potenziali concorrenti nel business della distribuzione musicale online.

Fred von Lohmann, legale della Electronic Frontier Foundation , celebre associazione impegnata da sempre sul fronte delle libertà digitali che ha preso le difese di Grokster e StreamCast, ha commentato la sentenza sottolineando “che questo caso riguarda la tecnologia, non la pirateria, e il tribunale è d’accordo, rendendo chiaro che le aziende non sono responsabili di ogni abuso che viene fatto degli strumenti da loro realizzati. La sentenza di oggi riafferma la storica decisione della Corte Suprema nel caso Sony Betamax”.

La sentenza assesta un uppercut alle tesi delle case della musica e del cinema, sebbene si tratti solo di un primo grado che in appello potrebbe quindi essere completamente ribaltato.

Le major, che ora puntano proprio sull’appello, criticano l’operato del giudice. Il capo uscente della RIAA, l’associazione dei discografici americani, Hilary Rosen, ha sostenuto che “alle aziende che intenzionalmente facilitano la pirateria di massa non dovrebbe essere consentito di eludere le responsabilità delle proprie azioni”. Una tesi condivisa anche da Jack Valenti, il potente capo dell’associazione degli studios di Hollywood, secondo cui la sentenza “sorprende e delude”. Valenti ha anche sottolineato che, però, questa decisione non può essere interpretata come un invito alla pirateria né “come un invito a distribuire e copiare opere senza il permesso dei detentori del copyright”.

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Pubblicato il 28 apr 2003
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