Roma – Si chiama Pham Hong Son il possessore dell’ennesimo libero cervello che ha tentato di sfidare le censure del regime della Repubblica socialista del Vietnam. 34 anni, Pham non aveva trovato di meglio che pubblicare su internet articoli che parlano di democrazia. Un folle. Ora verrà sbattuto dietro le sbarre per 13 anni.
Secondo le autorità vietnamite dedite alla censura e alla repressione dei diritti dell’uomo, Pham è colpevole di spionaggio perché l’articolo sulla democrazia pubblicato in vietnamita altro non era che la traduzione di What is Democracy , un pezzo di propaganda americana presente sul sito del Dipartimento di stato di Washington. Secondo l’accusa, Pham sarebbe anche stato in contatto con “forze reazionarie oltreoceano” e si era adoperato per raccogliere fondi internazionali a favore dei dissidenti.
Il meccanismo repressivo vietnamita, che ha proceduto all’arresto pare già lo scorso marzo, a poche settimane dalla pubblicazione di quell’articolo, non ha consentito ai diplomatici stranieri ad Hanoi l’accesso all’aula del tribunale dove, dopo un rapido processo, Pham è stato condannato per spionaggio. Come nota la Reuters nel parlare dell’accaduto, non è certo la prima volta che a diplomatici ed osservatori internazionali viene negata la presenza in questo genere di processi.
Il Tribunale del Popolo di Hanoi non solo ha condannato il 34enne cyber-dissidente a 13 anni di carcere ma ha anche stabilito che, quando sarà rilasciato, dovrà passare tre anni chiuso in casa sua.
In passato i climax della censura alla vietnamita hanno colpito duramente persone come Nguyen Dan Que, già incarcerato per 20 anni e poi riportato sotto processo per le attività internet, giudicate invariabilmente sovversive e pericolose. A poco sono fin qui servite le reprimende contro la censura espresse in loco da esponenti occidentali in visita, come Craig Barrett, mente di Intel. Ancora meno sembrano significare le battaglie portate avanti in Vietnam con coraggio da Amnesty International .