RIAA vuole le scuse di tutti

RIAA vuole le scuse di tutti

Gli utenti americani che distruggono su computer e altri supporti i file musicali scaricati dal P2P potranno cavarsela inviando una dettagliata lettera di scuse ai discografici. Agli altri la RIAA promette: tolleranza zero
Gli utenti americani che distruggono su computer e altri supporti i file musicali scaricati dal P2P potranno cavarsela inviando una dettagliata lettera di scuse ai discografici. Agli altri la RIAA promette: tolleranza zero


Washington (USA) – Alcuni la chiamano addirittura amnistia l’ultima mossa della RIAA per spingere definitivamente fuori dalle reti del peer-to-peer quegli utenti del file sharing che sono spaventati dalle iniziative legali intraprese dai discografici made in America.

L’idea di fondo è quella di assicurare un perdono anticipato a chi si cospargerà il capo di cenere, cioè a chi cancellerà dal proprio computer tutti i file musicali e distruggerà qualsiasi CD abbia realizzato con quei file o comunque li eliminerà da tutti i propri supporti digitali.

Dopo aver fatto questo, chi vuole evitare che il proprio nome finisca tra quelli denunciati dai discografici della RIAA per violazione di diritto d’autore, dovrà scrivere una dettagliata lettera di scuse alla RIAA stessa. Nella lettera si dovrà assicurare i discografici che anche qualsiasi copia di musica non legale eventualmente acquistata al mercato nero è stata distrutta.

Se tutto questo verrà fatto, RIAA promette che non procederà legalmente contro i firmatari delle lettere. Unica eccezione, confermano fonti vicine alla RIAA, saranno gli utenti che utilizzavano il peer-to-peer a fini commerciali : per loro è comunque in vista un procedimento legale dalle conseguenze potenzialmente molto pesanti.

In queste ore, intanto, si scalda ulteriormente l’atmosfera attorno al caso noto come “Jane Doe” , nome fittizio dietro al quale si cela una utente del provider Verizon che tenta di rimanere anonima e di impedire che il proprio nome finisca nelle mani della RIAA . I discografici sostengono di avere le prove che quell’utente, di cui vogliono il nome per denunciarla, ha condiviso illegalmente numerosi brani musicali.

Nelle fingerprint dei file individuati dalla RIAA sul computer di Jane Doe, infatti, vi sarebbero evidenze che si tratta di musica scaricata da diversi sistemi di condivisione, tra cui Napster. Evidenze che secondo la RIAA provano come Jane Doe “attivamente e spesso abbia partecipato al download e alla distribuzione illegale di musica”.

Da parte sua, l’anonima utente ha chiesto al tribunale di Washington D.C. di proteggere il proprio diritto costituzionale alla privacy , sostenendo che l’indagine svolta dalla RIAA viola quello ed altri diritti. La corte federale della capitale americana dovrà pronunciarsi sul caso mentre la RIAA ribatte che tutto quello che l’utente sta cercando “è un via libera per scaricare o condividere musica”.

Verizon, che ha combattuto in passato in ogni modo i tentativi delle major di ottenere i nomi del propri utenti, ha specificato che quando riceve dalla RIAA o da altri detentori di diritto d’autore una subpoena, cioè una richiesta formale di consegna dei nomi, tutto quello che può fare è avvertire l’utente e chiedere a quest’ultimo se intende contestare tale richiesta. E la risposta dell’anonima utente non s’è fatta attendere, in questo caso: i suoi legali hanno chiesto a Verizon di trattenere il suo nome perché intenzionati a contestare formalmente la subpoena.

Tutto questo potrà tradursi in ulteriori grane legali. Secondo RIAA, infatti, Verizon deve comunque consegnare quel nome, e già pensa ad una denuncia contro il provider, mentre secondo quest’ultimo se l’utente intende contestare la subpoena è nei suoi diritti costituzionali farlo per difendersi da ulteriori procedimenti. La guerra è, forse, al suo climax.

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Pubblicato il
8 set 2003
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