Roma – I media internazionali ci condiscono sopra articoletti acidi in queste ore ma anche da noi la cosa ha suscitato una certa attenzione. In sé la vicenda è piccola, come è piccola la sua protagonista, ma si muove sullo sfondo iperteso della guerra della musica .
La piccola in questione si chiama Brianna LaHara, una ragazzina sveglia di una famiglia che vive nell’Upper West Side, in case del comune di New York. Sua madre, Sylvia Torres, le ha comprato qualche tempo fa per 29,99 dollari una copia di Kazaa Plus , celebre software di file sharing. Tanto Sylvia quanto Brianna credevano, dopo questo acquisto, di avere il diritto di scaricare musica da internet.
Appassionata di musica, Brianna ha condiviso prima decine, poi centinaia ed infine migliaia di brani musicali, scaricandone dieci volte tanto. A 12 anni i suoi interessi musicali sono i più diversi, dalle filastrocche alle trasgressioni pop di Madonna. Così appassionata, dunque, da finire nel mirino delle major americane della musica: il loro sistema di intercettazione degli utenti del peer-to-peer, infatti, ha considerato il computer di Brianna un distributore di musica così potente da finire nella prima tranche di 261 denunce formalizzate dalla RIAA .
Della faccenda si è saputo subito dopo la presentazione delle 261 denunce e, com’è ovvio, la vicenda di Brianna è finita sulle prime pagine. La ragazzina ha anche raccontato di aver tremato e sofferto di maldistomaco e malditesta dopo aver saputo che i suoi avrebbero potuto incorrere in gravi sanzioni per il suo comportamento. Per tentare di limitare i danni di immagine nati con questa faccenda, gli uomini della RIAA hanno rapidamente accettato da Sylvia Torres 2mila dollari per un accordo negoziale, 2mila dollari con cui RIAA terrà a freno i propri avvocati. Dopo la firma dell’accordo, Brianna ha spiegato che mai avrebbe voluto danneggiare con le sue azioni gli artisti che tanto apprezza, facendo propria una delle tesi antipirateria delle major.
Ma se la vicenda Brianna è chiusa, dall’exploit forense della RIAA ne stanno emergendo altre di pari interesse. Come quella di una commessa di 23 anni , madre di due figli di 2 e 5 anni, che ha usato Kazaa per scaricare musica “senza sapere – ha dichiarato – che la musica che avevo sul mio computer poteva essere scaricata da milioni di altri utenti”. Finirà in tribunale. Lei, come anche un signore di 71 anni che in Texas pare abbia perso un po’ troppo tempo a trovare musica da consigliare ai nipoti.
È probabile che i detentori del diritto d’autore violato ottengano da molti dei denunciati migliaia di dollari in danni ma è senz’altro più probabile che, in breve tempo, la scarsa tolleranza del pubblico per le azioni legali della RIAA sfoci in una ulteriore riduzione delle vendite di CD . E proprio in questi giorni, quelli più caldi della guerra legale agli utenti di P2P, Download.com segnala che in una settimana il software di condivisione di Kazaa è stato scaricato quasi 3 milioni di volte.
Se questi sono i numeri e questo il modo di gestire la repressione antipirateria, visto che le major tengono al proprio business, c’è da chiedersi da dove venga il loro ottimismo per il futuro. Sanno qualcosa che noi non sappiamo?