Roma – Sette società sono accusate di aver usato i propri database per inviare messaggi pubblicitari non richiesti a numerosi utenti internet italiani. Per questo il Garante per la privacy ha decretato il congelamento dei database e l’apertura di un procedimento per ciascuna azienda.
L’operazione, comunicata nell’ultima release della Newsletter del Garante, è scaturita dal ricorso al Garante formalizzato da alcuni utenti bombardati dai messaggi pubblicitari di quelle aziende. A quanto pare, un numero sempre maggiore di spammati ricorre al Garante seguendo una procedura ormai consolidata (vedi anche “Spam, come difendersi (1)”, n. 11 di SalvaPC News ).
Le sette aziende colte in fallo dovranno riuscire a motivare al Garante l’invio dei messaggi commerciali. La legge sulla privacy, infatti, vieta la spedizione di email o messaggi di questo tipo a chi non lo abbia esplicitamente richiesto. Ancora una volta il Garante ha spiegato che “gli indirizzi email sono da considerarsi dati personali” e dunque possono essere utilizzati a fini pubblicitari solo previo consenso del destinatario.
Le imprese oggetto del provvedimento, inoltre, dovranno spiegare come hanno raccolto quegli indirizzi. Il Garante, infatti, si è mosso perché agli utenti che hanno fatto ricorso non sono state date spiegazioni plausibili per l’utilizzo dei loro indirizzi di posta elettronica. Non sono peraltro lecite le pratiche, messe in pratica dagli spammer più facinorosi, di raccolta automatica degli indirizzi tramite rastrellamento di siti internet e ambienti di discussione online.
Le sette aziende coinvolte dovranno anche comunicare l’eventuale trasmissione ad altri soggetti dei dati personali trattati e spiegare nel dettaglio quali procedure hanno messo in campo per chiedere il consenso dei destinatari dei propri messaggi. Non solo, dovranno spiegare come garantiscono agli utenti il diritto di accesso, modifica o cancellazione dei propri dati personali.
La decisione di congelare i database viene giustificata dal Garante come necessaria per impedire ulteriori abusi ai danni di altri utenti. Migliaia sarebbero gli indirizzi contenuti nei database incriminati. Nel corso dell’istruttoria avviata dal Garante, inoltre, le sette aziende non potranno trattare dati personali in attesa di una composizione di quanto avvenuto.
Di interesse anche segnalare che soltanto un mese fa il Garante aveva sottolineato come nei casi più gravi di spam in Italia la pena possa essere addirittura il carcere. “Inviare email pubblicitarie senza il consenso del destinatario – aveva spiegato il Garante – è vietato dalla legge. Se questa attività, specie se sistematica, è effettuata a fini di profitto, si viola anche una norma penale e il fatto può essere denunciato all’autorità giudiziaria. Sono previste sanzioni e, nei casi più gravi, la reclusione”.