Roma – Viene chiamata seconda fase del piano di sviluppo dell’e-government italiano, una fase inaugurata formalmente ieri con l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni di interventi che raggiungeranno i 400 milioni di euro in uno sforzo complessivo da 900 milioni di euro.
Le disponibilità messe sul piatto dal Governo sono di 200 milioni di euro ai quali si aggiungeranno altrettanti fondi di co-finanziamento da parte delle Regioni, il tutto per dare una ulteriore potente iniezione alla prima fase quella che ha già mobilitato 125 milioni di euro per dare fiato ai 134 progettoni di sviluppo locali che il ministero all’Innovazione definisce cantieri digitali .
“Questa mobilitazione di risorse – ha dichiarato il ministro Stanca – che arriva a ben 900 milioni di euro, di cui 320 milioni messi a disposizione dal Governo, quasi 1.800 miliardi delle vecchie lire, è il più consistente investimento mai realizzato nel nostro paese per l?innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione locale”.
I fondi della seconda fase saranno così ripartiti:
– servizi infrastrutturali locali (61 milioni di ?)
– diffusione territoriale dei servizi per cittadini e imprese (86 milioni di ?)
– inclusione dei piccoli Comuni nell?attuazione dell?e-Government (25 milioni di ?)
– avviamento di progetti per lo sviluppo della cittadinanza digitale, l?e-Democracy (10 milioni di ?);
– promozione dell?utilizzo dei nuovi servizi presso cittadini e imprese (9 milioni di ?).
Stanca ha tenuto a sottolineare che “anche in questa fase ci sarà una forte cooperazione tra le varie aree del paese, evitando che lo sviluppo della Pubblica amministrazione elettronica avvenga a macchia di leopardo. Non solo, ma grazie a questa interconnessione è stato e sarà possibile il riuso dei progetti, consentendo così rilevanti risparmi e importanti sinergie”.
Al centro degli sforzi, dunque, il concetto di e-Democracy , tradotto anche come cittadinanza digitale , perché lo sviluppo dei nuovi servizi dovrebbe, nelle parole di Stanca, “favorire la partecipazione dei cittadini alla vita a alle decisioni delle loro amministrazioni”.
Il tutto è condito da un afflato federalista perché, a sentire il Ministro, “lo spostamento di poteri, competenze e risorse pubbliche verso gli enti più vicini ai cittadini, alle imprese ed al territorio, grazie anche alle tecnologie digitali, valorizza e stimola la capacità di autogoverno e il rapporto tra cittadini e istituzioni”.