Nuovi dubbi sul DDL antipedofilia

Nuovi dubbi sul DDL antipedofilia

di Ettore Panella (Newglobal.it) - La proposta di normativa, al momento ferma in Parlamento, offre il destro a numerose critiche. Perplessità sulle libertà individuali e l'effettiva capacità della norma di difendere i minori
di Ettore Panella (Newglobal.it) - La proposta di normativa, al momento ferma in Parlamento, offre il destro a numerose critiche. Perplessità sulle libertà individuali e l'effettiva capacità della norma di difendere i minori


Roma – Il recente Ddl del governo , relativo alle ulteriori misure di contrasto alla pedopornografia, suscita inevitabilmente perplessità ed incomprensioni. L’evidente impianto emotivo e preelettorale finisce per creare troppi problemi discriminatori o censori, nonchè di eccessiva discrezionalità. Fermo restando il nostro pieno sostegno allo sforzo di voler proteggere il minore, cosa che del resto ci auguriamo si traduca anche in uno stanziamento notevole di fondi destinati tanto ad aiutare le vittime di abusi, quanto a prevenire questo odioso reato, non possiamo, tuttavia, fare a meno di notare alcune evidenti incongruenze.

Già ai primi articoli notiamo che verrà punito sia chi produce sia chi distribuisce materiale pornografico che coinvolga minori di diciotto anni.

Partendo dal presupposto che tra i diciottenni ed i dodicenni vi è, di norma, una evidente differenza nell’aspetto fisico, ma nessuna differenza evidente risulta tra i diciottenni ed i diciassettenni, riteniamo legittimo pretendere che chi produce il materiale in questione si accerti circa l’età dei soggetti coinvolti , ma ci chiediamo in che modo si possa ritenere responsabile chi si limiti a distribuire o a fruire dello stesso materiale.

L’articolo 3, invece, mostra, secondo noi, degli atteggiamenti discriminatori:
“Le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche se il materiale pornografico è prodotto utilizzando persone che, per le loro caratteristiche fisiche, hanno le sembianze di minori degli anni diciotto, ma la pena è diminuita di un terzo.”

Bisogna chiarire subito che, se esiste giustamente un fermo divieto per la pedopornografia, non esiste una legge che vieti, al momento, la pornografia . Pertanto, chiunque sia maggiorenne e voglia intraprendere la professione di pornostar è libero di farlo, senza incorrere nei rigori della legge. Alla luce di quanto detto non si comprende come si possa ritenere che ad alcuni cittadini maggiorenni sia vietato ciò che ad altri è consentito, a causa esclusivamente delle loro sembianze. Non vorremmo che, partendo dalle pari opportunità, arrivassimo alle dispari opportunità. Inoltre ci chiediamo a chi, e in base a quali incontestabili parametri, spetti stabilire se un adulto tenda ad avere un aspetto più giovanile del normale, e se esista un modo per stabilire dei criteri oggettivi al fine di dirimere la questione, o se essa non rischi piuttosto di generare solo confusione.

“Salvo non costituisca altro reato non è punibile per i fatti di cui al primo comma chi produce il materiale pornografico ivi specificato, quando si dimostra che le persone utilizzate erano in realtà maggiorenni e la produzione non è destinata alla diffusione o alla cessione.”

La norma riportata risulta difficile da comprendere, se non in un’ottica di caccia alle streghe, e si presta, seppure in buona fede, ad incentivare fenomeni deleteri, retaggio di epoche buie, che stravolgono la normale e logica procedura, richiedendo a qualcuno di confutare accuse circa un reato che non si è certi sia stato commesso, pretendendo che sia l’accusato a dimostrare che il fatto non sussiste. In altre parole chi viene trovato con delle immagini senza veli verrà incriminato , con il solito corollario di pubblicità indesiderata a mezzo stampa, e dovrà dimostrare la contemporanea occorrenza di due eventi; ovvero che la persona ritratta fosse maggiorenne al momento dello scatto delle foto e che le foto fossero ad uso esclusivamente personale e sperare di essere prosciolto. Quindi, non saranno gli inquirenti a dover dimostrare che il reato sia stato commesso, ovvero che le foto riguardassero soggetti minorenni e fossero destinate ad un uso non personale, come richiederebbe la civiltà giuridica, ma l’inquisito a dover dimostrare il contrario.

Tra l’altro l’intera materia, come già osservato, viene complicata dall’assenza di dati oggettivi circa le differenze tra minorenni e maggiorenni nella fascia tra i 15 ed i 18 anni e, quindi, dalla immensa discrezionalità che si viene a creare.


“Art. 600 quater. 2. (Pornografia virtuale).
Le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche quando il materiale pornografico ritrae o rappresenta visivamente realistiche immagini virtuali di minori degli anni diciotto, ma la pena è diminuita di un terzo. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali. Salvo non costituisca altro reato, non è punibile per i fatti di cui al primo comma chi produce il materiale pornografico ivi specificato, quando la produzione non è destinata alla diffusione o alla cessione e nella stessa non sono state utilizzate immagini di soggetti reali o parti di esse.”

Il ribrezzo per la pedopornografia ci spingerebbe emotivamente ad applaudire anche a questa innovazione, che il governo vuole introdurre, però se uscissimo dalla visione puramente moralistica, per approcciare ad una visione più pragmatica ci porremmo, come genitori, la seguente domanda:
– Le immagini virtuali, (create, cioè, senza alcun abuso su un minore), riducono o incentivano gli abusi reali sui minori?

In pratica, permettere a chi soffre di questa perversione di concentrarsi su materiale virtuale, a scopo autoerotico, lo distoglie, o lo aiuta a distogliere l’attenzione dai bambini in carne ed ossa, o, al contrario, incentiva gli abusi? Noi a questa domanda non siamo in grado di rispondere, non essendo specialisti della psicologia umana, però dobbiamo segnalare che non c’è stato un serio dibattito scientifico sulla questione, con dati e ricerche significativi. Non vorremmo che una visione moralistica del problema ci facesse segnare un autogol. Vale a dire che non lasciando uno sfogo tutto sommato non dannoso si incrementi, invece di ridurre, il numero di abusi sui minori. Per quello che attiene uno dei campi di nostra maggiore competenza, ovvero Internet, la nostra esperienza ci suggerisce che l’incentivazione spinta delle esperienze virtuali tende a distogliere dalle esperienze reali. Ovviamente noi siamo disponibili ad accettare, senza riserve, i pareri di chi vanti maggiori e più specifiche competenze e attendiamo di conoscere gli esiti di un serio e serrato dibattito sul tema, all’interno della comunità scientifica di riferimento.

“Art. 18
Dopo l’articolo 528 del codice penale è inserito il seguente: “Art. 528 bis. (Trasmissione di scritti, disegni o immagini osceni) 1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il fornitore di connettività alla rete internet che non adempie all’ordine dell’autorità di interrompere la trasmissione di scritti, disegni o immagini osceni è punito ai sensi dell’articolo 528.

2. Nei casi previsti dal primo comma l’autorità giudiziaria adotta in via cautelare le misure idonee ad impedire l’ulteriore diffusione degli scritti, disegni o immagini osceni”.

Innanzitutto ci sorprende l’assenza di richiami al codice di autoregolamentazione sponsorizzato dal Ministero delle Comunicazioni sul tema in questione. Notiamo inoltre come si attribuisca ad una non meglio specificata Autorità giudiziaria il potere di decidere cosa sia morale e cosa non lo sia. Ancora una volta si nota una certa fumosità nella definizione dei reati. In un testo relativo alla pedofilia ci si imbatte in un passo che cita testualmente: “Trasmissione di scritti, disegni o immagini osceni” da cui risulterebbe evidente, se non nelle intenzioni, almeno nella mente dell’estensore del Ddl che anche la pornografia sia vietata. Cosa che non è.
Tra l’altro è ormai chiaro a chi si occupa di legge che un atto sessuale offende il pudore solo se chi vi assiste lo reputi una cosa sconveniente. Per questo motivo chi accede ad un sito con immagini oscene, (a meno che non si tratti di immagini vietate perché lesive dell’integrità psico-fisica di un minore), dopo aver superato un avviso circa il contenuto delle pagine successive non può certo ritenersi offeso. Ma al di là di questo, il termine generico di scritti osceni, ovvero disegni o immagini oscene è troppo ambiguo . Diverse opere d’arte presentano nel loro corpus elementi o contenuti che possono far discutere circa la loro liceità. Lo stesso Boccaccio fu accusato di oscenità, tanto per citare un padre della lingua letteraria. E che dire dei nudi artistici e di quell’irresistibile tentazione di mettere i mutandoni al Davide di Michelangelo?


“1. 1 fornitori di connettività alla rete Internet, al fine di impedire l’accesso ai siti segnalati dal Centro, sono obbligati ad utilizzare gli strumenti di filtraggio e le relative soluzioni tecnologiche individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, da adottarsi entro il 31 dicembre 2004, in cui sono stabilite altresì le modalità di certificazione da parte del Ministero delle comunicazioni.

2. Fino all’entrata in vigore del sistema di certificazione di cui al comma 1, i fornitori di connettività adottano adeguati strumenti di filtraggio, previa comunicazione al Ministero delle comunicazioni e al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie.”

Questo è un argomento molto delicato. Se i provider applicassero sistemi di filtraggio del traffico Internet, di fatto porrebbero i presupposti della censura più dura della Grande Rete. In un mondo dove i politici vedono come fumo negli occhi la libertà di espressione che questo mezzo permette, il desiderio di mettere un bavaglio è sempre molto forte e latente. Non vogliamo qui enfatizzare l’esempio della dirigenza dell’Iran che, con la scusa di controllare i siti porno, taglia i siti degli oppositori, perché guarderemmo solo la pagliuzza del vicino e non la trave nel nostro occhio, dato che i paesi che si dichiarano democratici, in un modo o nell’altro, desiderano e studiano sistemi analoghi di controllo. Oscar Wilde ha detto: “le peggiori cose sono sempre fatte con le migliori intenzioni” e Giulio Andreotti ha detto: “a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina” . E se avessero ragione entrambi?

Riteniamo valida alternativa, invece, predisporre delle offerte di connessione filtrate a protezione dei minori, date ai genitori su richiesta .

Proprio il genitore in questo Ddl è escluso, proprio il genitore è abbandonato a se stesso. Noi riteniamo che la famiglia, a cui altri ministeri vogliono dare l’illusione di decidere per il proprio figlio, permettendogli di anticipare al di là di ogni giustificato motivo pedagogico l’ingresso nella scuola dell’obbligo e in quella dell’infanzia, vada di nuovo riportata al centro della tutela del minore e che, soprattutto in relazione ad Internet, il governo incentivi i genitori che vogliano acquistare dei router in grado di creare navigazioni differenziate per i minori e quindi di scegliere, da solo o con l’ausilio del loro provider di fiducia, il filtro migliore per i propri figli, evitando così fenomeni monopolistici deleteri per quanto riguarda i fornitori di filtri. Il governo farebbe bene a promuovere corsi per la conoscenza di Internet, destinati ai genitori e valorizzare quel patrimonio costituito dai piccoli provider distribuiti sul territorio, più vicini alle esigenze di consiglio e di assistenza dei genitori.

Restano infine diverse perplessità su molti punti, tra quelle più paradossali citiamo:

1. Se un genitore, come è costume da noi, fotografasse il proprio bambino di pochi mesi nudo, sembrerebbe non commettere reato, a patto di occultare la foto; se, però, mettesse detta foto sull’album di famiglia e mostrasse senza starci troppo a pensare l’album a parenti od amici, si potrebbe ipotizzare che la foto sia stata destinata di fatto alla diffusione. Bisogna avvisare i genitori italiani del rischio, suggerendo loro di bruciare le foto dei loro pargoletti in tenuta adamitica o, perlomeno, di occultare scrupolosamente l’immagine che scotta?

2. Se il pargoletto ormai quarantenne decide di mettere le proprie foto su Internet, e tra le altre anche l’immancabile foto senza veli sul lettone dei genitori, lo si potrà incriminare per diffusione di materiale osceno?

Infine riteniamo utile proporre ai legislatori una consulenza di esperti nella lingua italiana, al fine di riconciliare il redigente con la grammatica anche al fine di facilitare la lettura del testo di legge .

Ettore Panella
Presidente dell’associazione NewGlobal.it

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Pubblicato il
28 gen 2004
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