Phoenix (USA) – Sono ancora una volta i ricercatori dell’Università dell’Arizona a mettere in guardia la civiltà dei computer sul fatto che la tastiera e, più in generale, la scrivania di lavoro è fonte di germi e batteri , in tal numero e varietà da superare per problematiche igieniche un gabinetto.
A parlarne è l’ultima ricerca di un decano del settore, il microbiologo americano Charles Gerba , secondo cui si può affermare che sulle postazioni informatiche del lavoratore americano medio si trovano 400 volte i germi che si trovano in un gabinetto mediamente pulito.
Nel dettaglio, secondo gli studi di Gerba e del suo team, il nemico numero uno è il telefono , perché sulla sua superficie, per ogni pollice quadrato, si trovano la bellezza di 25.127 microbi. Nella classifica delle aree più sporche della postazione seguono la scrivania, con quasi 21mila microcosi viventi, e, molto più indietro, la tastiera del computer (3.300 germi circa per pollice quadrato). A seguire poi il mouse, il fax e altre periferiche. In un gabinetto medio i germi sono circa 49 per pollice quadrato.
Non è la prima volta che l’Università dell’Arizona annuncia al mondo che la sporcizia è spesso invisibile e si annida proprio dove si lavora. Ma i suoi risultati fanno in realtà da eco a quelli forse ancora più clamorosi pubblicati nel 2000 da America Online.
Uno studio di AOL UK, infatti, aveva messo in evidenza come nelle keyboard britanniche si annidassero ogni anno 300 quintali di sporcizia, in particolare resti di snack, cracker, merendine che gli impiegati mangiano e sgranocchiano durante il lavoro, nonché capelli, ciglia e residui di pelle.
Secondo Gerba una parte del problema è nel fatto che le scrivanie non vengono pulite con la stessa frequenza e cura che si dedica al bagno o ad altre aree di case ed uffici. “Senza pulirla – spiega Gerba – una piccola area sulla scrivania o sul telefono può ospitare milioni di batteri che potenzialmente possono provocare delle malattie”. Non solo. Gerba ha spiegato che in una situazione del genere, queste aree divengono veicolo ideale per il trasporto di influenze o altre patologie: un collega infetto, dunque, può generare un’area di infezione attiva entro 72 ore dal contagio e pronta a diffonderlo…