Los Angeles (USA) – Nelle scorse ore è emersa la bozza di una lettera che sembra firmata dal procuratore generale della California ma che potrebbe essere stata scritta dal vicepresidente della MPAA , l’associazione degli studios di Hollywood. Una lettera che prende di mira il peer-to-peer e che sta sollevando un certo scalpore nel mondo del P2P e delle libertà digitali.
Secondo Wired , che è riuscita ad ottenere una copia di quella missiva e ha guardato nei metadati di Word, a confezionarla non è stata, appunto, la sola mano del procuratore generale californiano: questa sarebbe stata “aiutata” o “guidata” dalle major.
Intervistato al riguardo, l’ufficio del Procuratore Bill Lockyer non ha confermato nulla, limitandosi a specificare che del peer-to-peer il procuratore si interessa attivamente e sottolineando di non voler dire nulla di quello che il procuratore “può o non può aver scritto” in merito.
Ma perché tanta reticenza? I contenuti della lettera lo spiegano. Si tratta infatti di una missiva pensata per essere letta dai dirigenti delle società che producono software per il peer-to-peer, aziende che come noto da tempo cercano di migliorare la propria immagine e sono invece accusate dalle major di favorire la pirateria via internet.
Nella lettera si sostiene che il software P2P dovrebbe essere distribuito con speciali avvertenze , senza le quali chi produce quei programmi dovrebbe venire inquisito perché inganna i consumatori che non vengono debitamente informati sui rischi legali connessi all’abuso di questi software. Una lettera che, come detto, almeno ufficialmente non è stata redatta dalle major ma da una pubblica autorità.
“Come sviluppatori e distributori di software P2P – si legge nella lettera – riteniamo che voi abbiate la possibilità e la responsabilità di educare i consumatori su questi rischi e sviluppare software in un modo che li minimizzi. Vediamo con preoccupazione notizie secondo cui alcuni sviluppatori del P2P aggiungono funzionalità deliberatamente pensate per schivare l’azione di polizia e i procedimenti contro i crimini commessi usando il P2P. Aziende che agiscono così, e non affrontano tali responsabilità, danneggiano i consumatori”.
La lettera poi prosegue criminalizzando il P2P che, a suo dire, “è notoriamente ampiamente usato al momento per disseminare pornografia e scambiare illegalmente musica, film, software e videogiochi protetti”. Ma il P2P è anche luogo di diffusione di virus e di worm, il tutto senza che le società che producono i software di settore, qui l’accusa, “avvertano i consumatori dei rischi legali e personali che incombono quando usano questo software per condividere” questi materiali.
In sé di nuovo non c’è molto, se non che questa strategia, secondo cui i produttori dovrebbero abbondantemente informare tutti gli utenti di quello che può accadere usando il P2P, è voluta dallo Stato della California. Ciò significa che altri stati americani, o l’intero paese, potrebbero decidere di seguire la stessa strada, ponendo nuovi obblighi nei confronti degli sviluppatori.
Si vedrà. Intanto la Electronic Frontier Foundation , l’associazione per le libertà digitali, per bocca del suo Fred von Lohmann, ironizza sulla responsabilità che avrebbero gli sviluppatori nell’informazione agli utenti. “E’ un punto di vista molto interessante che ha implicazioni su tutti i tipi di prodotti, non certo solo sul P2P. E’ bene che ne prendano atto anche i produttori di piedi di porco”. “Naturalmente – ha continuato von Lohmann – si usano anche i browser per scaricare materiale illegale”. “Insomma – ha concluso – è difficile considerare quanto scritto nella lettera come una questione da valutare sul piano giuridico”.