Roma – Il decreto legge presentato dal ministro Giuliano Urbani sul finanziamento straordinario al cinema e contro la pirateria via Internet è stato pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. Ciò significa che entra in vigore a partire da oggi e rimarrà efficace per 60 giorni, entro i quali il Parlamento potrà deciderne la conversione in legge.
Il decreto, che ha suscitato un coro di critiche da parte dei provider e degli utenti , prevede misure contro chi diffonde o condivide in tutto o in parte opere cinematografiche per via telematica e sanziona i provider che, avendone “effettiva conoscenza”, non segnalassero all’autorità giudiziaria violazioni da parte dei propri abbonati.
Il testo completo del decreto è disponibile sul sito della Gazzetta .
Di seguito pubblichiamo integralmente il commento di Società Internet , la sezione italiana di Internet Society:
Società Internet, la sezione italiana della Internet Society, esprime la propria estrema preoccupazione per l’approvazione del decreto legge riguardante l’ulteriore inasprimento delle misure e delle sanzioni contro le violazioni del diritto d’autore via Internet, presentato dal Ministero dei Beni Culturali e approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 marzo 2004.
Le ripetute proposte legislative tese ad incrementare il controllo sulle attività in rete dei singoli utenti sembrano sottintendere una concezione negativa di Internet come pericolo. Al contrario, riteniamo che l’Italia debba vedere nella rete una chance fondamentale per il proprio futuro, e che la facilità di circolazione dei prodotti intellettuali non debba essere repressa, ma piuttosto presa come opportunità per creare nuovi modelli di business e per aumentare la diffusione della cultura e della conoscenza scientifica nel Paese. Questa opportunità potrà essere colta solo in seguito a una intesa comune del Governo, dei diversi settori industriali interessati e dei consumatori finali, per la quale è necessario instaurare un clima di dialogo e di comprensione dei reciproci punti di vista.
Osservazioni sul metodo
Riteniamo che l’approccio di una regolamentazione della rete per singoli settori non comunicanti, o per decreti e iniziative unilaterali di singoli Ministeri, sia inefficace e controproducente. Anche alla luce degli sviluppi internazionali, come la Dichiarazione di Principi del Summit Mondiale sulla Società dell’Informazione sottoscritta anche dal nostro Paese, sarebbe invece opportuna una discussione generale ed organica tra tutti i ministeri competenti e le associazioni del settore privato e della società civile, che mediante un processo pubblico e trasparente arrivi alla definizione di un quadro di riferimento chiaro e stabile per la governance di Internet in senso ampio.
In particolare, riteniamo fondamentale giungere anche in Italia a quel riconoscimento reciproco di ruoli precisi tra istituzioni, industria ed utenti che è al centro delle attuali discussioni in materia a livello internazionale; in tale quadro, il Governo dovrebbe intervenire il meno possibile e solo per garantire un equilibrato rispetto del pubblico interesse e della concorrenza di mercato, anziché operare in difesa degli interessi di specifici settori dell’industria privata e contro le richieste dei consumatori.
La regolamentazione della rete contro le aspettative e i desideri dei cittadini che la usano è non solo sbagliata da un punto di vista teorico, ma dannosa nel lungo termine; e lo scenario in cui le forze dell’ordine, invece di occuparsi dei problemi della collettività, vengono messe al servizio di specifici interessi privati e dirottate al controllo capillare delle attività in rete di milioni di cittadini ne è una conseguenza diretta. E’ inutile sottolineare come questo tipo di approccio danneggi irrimediabilmente lo sviluppo della rete in Italia, con effetti devastanti sulle prospettive future del Paese.
Il Governo dovrebbe quindi farsi garante e promotore di una discussione pubblica e trasparente tra l’industria dei contenuti, l’industria delle telecomunicazioni e gli utenti finali, in modo da giungere a una soluzione equa e condivisa che trasformi i problemi dell’industria e il crescente malcontento degli utenti della rete in una vera opportunità di crescita culturale ed economica del Paese.
Facciamo infine notare che il decreto legge pare mancare dei requisiti costituzionali di urgenza richiesti per la sua emanazione. Riteniamo che, specialmente di fronte al diverso avviso del Parlamento in occasione della discussione di simili proposte legislative nel recente passato, il Governo dovrebbe evitare di utilizzare lo strumento del decreto legge su questa materia e rimettersi invece alle normali procedure legislative.
Dal punto di vista economico, il decreto privilegia la difesa della posizione di oligopolio di un ristretto numero di grandi aziende del settore dei media, quasi totalmente basate al di fuori dell’Italia e dell’Unione Europea, e danneggia pesantemente l’industria italiana dell’ICT e delle telecomunicazioni, andando contro gli interessi strategici dell’Italia.
Si fa innanzi tutto notare come il mercato della distribuzione di prodotti cinematografici in Italia si trovi in una evidente situazione di oligopolio. Cinque aziende detengono quasi il 70% del mercato; di queste aziende, quattro appartengono a gruppi internazionali; soltanto una è italiana. Questa situazione provoca effetti deleteri sulla diffusione della cultura e sulla libertà di scelta dei consumatori, provocando un costante calo nel numero di pellicole presentate ogni anno nelle sale, riducendo gli spazi di accesso al pubblico per il cinema d’autore e per i giovani registi, e contribuendo a mantenere la quota di mercato delle produzioni nazionali sotto il 25%. Inoltre la ridotta concorrenza mantiene i prezzi più alti di quanto sarebbe possibile, riducendo la diffusione dei prodotti culturali tra i cittadini.
Lo stesso discorso si può peraltro applicare anche al mercato della distribuzione musicale, con l’aggravante che tra le aziende oligopoliste in questo caso non vi è alcuna azienda italiana.
Internet offre le possibilità tecniche ed economiche per ridurre questo oligopolio e rendere più economico, più semplice e più libero l’accesso ai contenuti digitali da parte dei cittadini, ovviamente dietro equa remunerazione dei titolari dei diritti; riteniamo che una spinta politica in questa direzione andrebbe nell’interesse del Paese. Al contrario, il decreto del Governo agisce in difesa di questo oligopolio e delle sue politiche commerciali, persino quando esse concorrono in maniera evidente alla limitazione dello sviluppo culturale e tecnologico del Paese e al mantenimento di prezzi al consumo artificialmente elevati in un settore vitale come quello dei media.
Osservazioni sul merito: le libertà personali e il ruolo dei provider
Riteniamo che questo decreto vada, anche se, crediamo, in modo non intenzionale, nella direzione di una gravissima e inaccettabile lesione della privacy e della libertà personale degli utenti della rete.
Le dichiarazioni del Ministro secondo cui “la violazione della proprietà intellettuale è un furto” sono concettualmente errate. Il termine “furto” indica la sottrazione di un bene al suo legittimo proprietario; al contrario, la realizzazione di una nuova copia di un contenuto digitale non ne impedisce la fruizione ad altri. Se certamente la copia contro la volontà dell’autore è una azione illegittima che va punita, è altrettanto vero che tale punizione, specie in sede penale, deve essere proporzionale alla effettiva gravità sociale del reato, anziché alla gravità del possibile danno economico arrecato a terzi, che, in assenza della prova di un effettivo mancato acquisto dello stesso prodotto tramite i canali tradizionali, resta comunque tutto da provare.
Al contrario, la tendenza recente pare essere quella di utilizzare il diritto d’autore per limitare i diritti di proprietà degli acquirenti di prodotti culturali, mediante l’inserimento di tecniche di “protezione” che in realtà limitano la possibilità di fruire liberamente del contenuto regolarmente pagato, e talvolta rendono intere opere del tutto inaccessibili. Si vedano ad esempio i cosiddetti “codici regionali” dei DVD, che impediscono a un consumatore di acquistare un film negli Stati Uniti e di vederlo in Italia, persino quando il suddetto film non sia disponibile in vendita sul mercato italiano; o le “protezioni dalla copia” dei CD audio, che li rendono incompatibili con una vasta gamma di prodotti di elettronica di consumo, impedendo la fruizione del prodotto regolarmente acquistato sulla maggior parte dei PC, su moltissime autoradio e su altri sistemi elettronici, e riducendo la qualità del suono su molti altri.
In questa ottica, spesso è il consumatore a sentirsi vittima di un furto; ed è proprio l’assurdità di queste politiche, più che una presunta intenzione a delinquere tramite la rete, a spiegare una certa disaffezione per prodotti originali al cui prezzo elevatissimo corrisponde una qualità inferiore e una minore libertà di fruizione rispetto alle copie ottenibili via Internet.
E’ estremamente preoccupante la possibilità che la semplice discussione o spiegazione delle tecniche e delle implementazioni dei sistemi di condivisione di file via Internet possa venire assimilata alla promozione di un reato e quindi vietata e duramente punita dal decreto legge. Riteniamo che principi costituzionali come la libertà di espressione e la presunzione di innocenza debbano prevalere su interessi legittimi ma di parte come quelli dell’industria internazionale dei contenuti; e che in nessun caso la semplice descrizione di tecniche, distribuzione di software o presentazione di link possa venire assimilata a un reato.
Osserviamo con particolare stupore l’idea del legislatore di attribuire ai fornitori di connettività e di servizi il ruolo di “polizia della rete”. Oltre ad essere impropria e di fatto inapplicabile, questa idea genererà costi significativi che andranno a scaricarsi sul prezzo finale dei servizi di connessione alla rete a banda larga, contribuendo a incrementare il digital divide tra l’Italia e paesi più avanzati quali gli Stati Uniti, la Svezia o la Corea del Sud.
Riteniamo la misura che obbliga i fornitori di connettività a sorvegliare i propri utenti e segnalare ai tutori dell’ordine quelli che condividono determinati contenuti (senza nemmeno aver prova della loro effettiva distribuzione o possesso illegale!) indegna di uno stato di diritto democratico. Secondo questa linea, ci chiediamo se il Governo abbia intenzione di obbligare tutti gli operatori telefonici ad ascoltare tutte le conversazioni dei propri clienti per segnalare alla Polizia chi discute di possibili reati, senza nemmeno aver prova del loro effettivo compimento; oppure chiediamo ragione di questo “trattamento speciale” riservato a Internet.
Ribadiamo l’importanza del fatto che i dati personali degli utenti della rete e quelli riguardanti il loro comportamento in rete, di cui i fornitori di connettività sono naturalmente in possesso, vengano mantenuti sotto il più stretto riserbo e vengano resi noti soltanto all’autorità giudiziaria e soltanto dopo un adeguato esame da parte di un giudice terzo della credibilità delle accuse ad essi portate.
Conclusioni
Riteniamo che l’obiettivo dell’azione del Governo in questo campo dovrebbe essere quello di discutere con tutte le parti interessate un quadro normativo che regolamenti da un punto di vista più generale la protezione della proprietà intellettuale in rete, salvaguardando sia le legittime esigenze dell’industria dei contenuti già esistente, sia le possibilità di creare nuova industria e nuova crescita per l’Italia; e che ad ogni modo non metta in pericolo la libertà di espressione, le garanzie costituzionali e la privacy dei cittadini, nonché la loro possibilità di utilizzare liberamente la rete per incrementare la propria cultura e la propria conoscenza nei modi da loro preferiti, dietro corresponsione di un compenso equo ai detentori dei relativi diritti.
Società Internet, dopo una ampia consultazione con i propri soci, auspica quindi in vista del futuro iter del decreto una attenta riconsiderazione della materia da parte del Parlamento, che tenga conto anche delle legittime e gravi preoccupazioni dell’industria della rete e dei milioni di italiani che la utilizzano ogni giorno.