Roma – Una sera della scorsa settimana ho fatto un piccolo viaggio. Sono tornato indietro al tempo delle radio libere , un’epoca di conquista tecnologica di cui molti, per ragioni puramente anagrafiche, non avranno alcun ricordo. Un caro amico che chiameremo G. il quale gestisce un sito web molto frequentato, ha iniziato a giochicchiare con shoutcast , un plugin per winamp che consente di mettere in piedi in pochi istanti una vera e propria radio sul web. Così gli mp3 del suo archivio musicale hanno cominciato a viaggiare in rete attraverso la sua personalissima modulazione di frequenza. Esattamente come accadeva negli anni 70, splendide chicche si succedevano a dischi giustamente dimenticati, con una scaletta tanto naturale e “vera” quanto impossibile da ascoltare in una qualsiasi delle tante radio commerciali di oggi.
Le canzoni di G. hanno così iniziato a fare da colonna sonora alle mie peregrinazioni sul web in quel dopocena. La vena amatoriale di tutta l’operazione non faceva altro che stimolare la mia curiosità. Poi c’era il piacere di ascoltare i dischi di una persona che si conosce quasi come fossimo a casa sua, inorridendo quando con un ghigno lo sciagurato si precipita a mettere nel lettore una vecchia canzone di Alberto Camerini.
Col passare del tempo la cosa si è fatta anche più complicata . G. ha cominciato a parlare dal vivo fra una canzone e l’altra esattamente come se fosse il DJ che non è, a rispondere “in diretta” ai commenti che gli arrivavano via IM o a quelli che venivano lasciati sulle sue pagine web, dove l’esperimento era stato timidamente annunciato senza alcun preavviso. A spiegare a noi suoi ascoltatori, con quale tipo di nastro adesivo era riuscito a bloccare il microfono dal quale ci stava parlando. Preso da una insana euforia, G. ha poi anche tentato di mandare in onda una telefonata in diretta , proprio come accade nelle radio vere. Infine ha perfino chiesto ai suoi ascoltatori, che nel frattempo erano cresciuti fino ad intasare il server, se fossero dell’idea di passare ad ascoltare in diretta l’audio il Grande Fratello, attirandosi così i peggiori improperi. Fra una dedica e l’altra qualcuno ha perfino iniziato a spedirgli qualche brano da trasmettere .
Chiara la portata di opzioni simili. Quali spazi si aprano ogni giorno per chi abbia voglia e modo di comunicare attraverso le maglie di internet. Non è una domanda stupida chiedersi come mai, per una volta, risulti assai più affascinante ascoltare la piccola sgarrupata web-radio di un amico, piuttosto che una delle decine di fotocopie che il mercato dei media ci offre. Non è nemmeno infantile o superficiale pensare che abbiamo tutti una grande necessità di fantasia, di altre strade da percorrere per comunicare, di differenti punti di vista da esporre. Così come è pleonastico fare notare che gli strumenti tecnologici per orientarsi in simili direzioni ci sono già tutti , e sono così semplici, e di immediato utilizzo. A patto di essere sufficientemente pazzi per decidere di usarli esattamente come ha fatto G. qualche sera fa.
Conosco le eccezioni che richiama un simile discorso. Anche l’altra sera del resto qualcuno si è affrettato a chiedere se tutto cio’ fosse legale , se G. potesse trasmettere mp3 in rete, se gli mp3 fossero suoi e cose del genere. La mia risposta di oggi, mi perdonerete, è grossolana e senza distinguo. Viviamo in un mondo ingessato , curarizzato spesso da leggi talmente stringenti e ridicole da non meritare nemmeno più la nostra attenzione. Per lo meno quando si riferiscono alle piccole cose della nostra vita alle prese con le nuove tecnologie. Se penso a G. alle prese con la licenza internet di SIAE mi viene francamente un po’ da ridere. E un po’ da disperarmi. Perchè non è questo il mondo che sognamo nè quello che vogliamo, non sono queste persone, quelle che oggi fanno di tutto per imbrigliare ogni libertà, che desideriamo che ci rappresentino.
Che qualcuno si prenda la briga di quantificare il danno , di tradurre in “euro di costo sociale” la mia serata ad ascoltare G. ridacchiare mentre mette su un vecchio disco di Stefano Sani e mi spieghi di quanto tutto questo nocumento si discosta dallo zero. Poi che qualcuno – magari esistesse – si prenda la briga di pesare tutta la libertà possibile, di convertirla in chilogrammi, mettendo su di un piatto della bilancia l’intero patrimonio di idee e capacità di interazione di ogni singola persona, la capacità naturale di ciascuno di generare pensiero e scambio di idee, di produrre sorrisi e rimbrotti, informazione e perfino confusione. In una sola parola il nostro desiderio di essere liberi di comunicare .
Ecco, se mai fosse possibile contarla tutta questa energia, forse avremmo la risposta da lasciare sul tavolo degli architetti di leggi inutili e dannose per Internet. Mi viene in mente – chissà perchè – una vecchia canzone di Dalla che diceva, più o meno, “il pensiero è come l’oceano non lo puoi fermare, non lo puoi recintare”. Mi viene in mente, e lo possiamo vedere tutti ogni giorno, che il pensiero oggi viaggia velocissimo in rete in mille forme e varianti. E che pena, e che cristiana comprensione, per i recintatori .