Roma – In giorni in cui non si fa che parlare di P2P vorrei sottoporvi un problema che mi riguarda di persona e che potrebbe far vedere la questione sotto un altro punto di vista. Oltre a possedere, con un socio, una piccola ditta d’informatica, sono un compositore regolarmente iscritto alla SIAE che, non dimentichiamolo, è anche e soprattutto un sindacato, con tutte le implicazioni e i doveri che il termine sottintende.
Due anni fa vendetti un CD contenente circa 20 sound libraries, brani strumentali della durata di tre/quattro minuti usati per spot pubblicitari e servizi multimediali in genere, ad una ditta della mia città che si occupa di montaggi video. Il contratto constava in una liberatoria d’uso per quattro anni al prezzo di 516 ?. In questi giorni mi sono ritrovato a proporre la stessa operazione alla medesima ditta: con amarezza ho scoperto che ora sono disponibili pacchetti di oltre 160 brani all’interessante prezzo di 240 ? (vale a dire 1,5 ? a brano) in liberatoria d’uso per un anno; questi “cofanetti” non provengono da multinazionali del settore che vendono in tutto il mondo migliaia di copie, bensì da studi di registrazione tutti italiani, che suppongo non abbiano grande distribuzione.
Risultato: se per un brano di tre minuti ci metto 2 ore, il mio compenso sarà di 0,75 ?/ora e, nel successivo anno, se la ditta che acquista le libraries produce molto, avrò maturato 200/400 ? di diritti d’autore (l’iscrizione annua alla SIAE costa 70 ? circa).
Ora io non voglio fare in questa sede della politica, con riflessioni riguardo a quanto un mercato selvaggiamente liberista danneggia i piccoli “artigiani” come me, semplicemente rilevo la mia impossibilità di campare solo di musica e la necessità di fare riferimento nel mio lavoro ad un sindacato che voglia e sia in grado di frenare questi fenomeni di corsa al ribasso; posso accettare di lavorare a 7,5 ?/ora e sperare che i brani mi permettano di maturare diritti d’autore (cosa che al momento della vendita nessuno mi garantisce), ma non posso svendere così il frutto del mio ingegno (non è così che si definisce?).
Come artista vorrei inoltre esprimere il mio punto di vista sul fenomeno che, a detta di molti, sta uccidendo la musica .
Tempo fa si parlava della dance italiana, che sta soffrendo particolarmente a causa del p2p; le etichette dance italiane hanno sempre fatto molta fatica a sopravvivere e per stare a galla integrano la produzione con le attività di studio di registrazione e organizzazione di eventi, è chiaro che il filesharing dal punto di vista della produzione, ha significato il colpo di grazia. Non è però la condivisione dei file la causa del problema, tuttalpiù un’aggravante (se mai ce n’era bisogno).
Concludo raccontandovi che nel 1997 ho prodotto un brano dance/house distribuito (si fa per dire) dalla EMI Records, che dopo solo due mesi di distribuzione-pilota senza alcuna pubblicità, ha letteralmente mandato al macero il mio ed altri dieci progetti “minori”, proprio perchè l’operazione “Cartoons” (adeguatamente foraggiata con un ingente investimento su scala internazionale) in Italia non aveva avuto la risposta di vendite sperate e c’erano stati tagli al budget.
Ragion per cui mi sembra sia quantomeno ipocrita pretendere un comportamento “etico” da parte degli utenti quando le controparti non sempre tutelano i diritti di quanti si affidano a loro per lavorare; inoltre se non altro in questi anni i miei brani sono stati scaricati in Napster e ora anche in eMule essendo in questo modo ascoltati da molta più gente che se fossero stati distribuiti da major “distratte”: essendo opere “frutto dell’ingegno” la cosa non può che farmi piacere.
Grazie per la cortese attenzione e per il servizio di quotidiana informazione.
Paolo Folzini
Cremona