Tennessee: no alle pressioni RIAA

Tennessee: no alle pressioni RIAA

Il sistema universitario dello stato americano impedirà a Napster e RIAA di imporre un canone mensile agli studenti per consentire loro di scaricare la musica distribuita dai jukebox a pagamento
Il sistema universitario dello stato americano impedirà a Napster e RIAA di imporre un canone mensile agli studenti per consentire loro di scaricare la musica distribuita dai jukebox a pagamento


Murfreesboro (USA) – C’è maretta in Tennessee, dove l’assemblea che riunisce i dirigenti delle scuole e delle università dello stato ha deciso di opporre un netto rifiuto alle profferte di streaming e downloading a pagamento provenienti da Napster e sostenute dalle major della RIAA . Una notizia che viene seguita con interesse nel mondo del downloading .

La Tennessee Board of Regents ha infatti stabilito di non voler consentire a che 45 università e scuole dello stato paghino un canone di 9,99 dollari al mese per ciascuno dei 180mila studenti che le frequentano.

Napster aveva presentato l’offerta come l’alternativa legale al P2P spiegando che un accordo di fornitura di servizi musicali su web avrebbe tolto alle università il peso del problema rappresentato dall’ampio utilizzo dei network peer-to-peer tra gli studenti. Un problema che, non a caso, proprio in questi giorni le major statunitensi hanno messo al centro della propria agenda anti-pirateria.

Stando ad una dichiarazione rilanciata da Associated Press , gli esponenti della Board del Tennessee hanno dichiarato che “il canone obbligatorio che era parte del progetto Tennessee, associato alla percezione che il download illegale non rappresenta uno specifico problema per le scuole, ha spinto i funzionari a cassare l’idea”.

La presa di posizione delle autorità scolastiche è destinata a non andar giù alla stessa RIAA che punta invece moltissimo su accordi legali di distribuzione con le università per togliere il terreno sotto ai piedi del peer-to-peer nei campus, tradizionalmente terreno di scambi musicali vivacissimi. Non si può escludere, dunque, che ora le major decidano di passare all’attacco contro quegli istituti, le università in particolare, che sembrano così restii ad accettare formule di pagamento dilazionato mensile.

E’ infine curioso notare come Napster, un tempo pioniere del file sharing sia nato proprio nelle università americane, le stesse che ora non sembrano disposte ad accogliere il business del “nuovo Napster”, rinato con la benedizione dell’industria .

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Pubblicato il
3 mag 2004
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