Milano – Non c’è da essere allegri sul presente dell’ informatica italiana : le cifre snocciolate ieri al Forum PA dall’associazione dei produttori di settore italiani Assinform disegnano infatti un paese in affanno.
La sostanza dei dati rilevati dall’associazione è che in Italia si investe poco in Information Technology e che il digital divide regionale non accenna a diminuire, con un gap che anzi si allarga tra nord e sud del paese, condizionando lo sviluppo delle imprese e dei servizi di e-government. In Lombardia, come si può leggere più avanti, la spesa IT è pari a più del doppio di quella campana. Numeri che confermano le rilevazioni Assinform presentate nei mesi scorsi .
Secondo Assinform, nel 2003 la spesa IT è calata in tutte le regioni con picchi di contrazione registrati in Sardegna (- 6,2 per cento), Abruzzo (- 5,2), Emilia Romagna, Lombardia e Marche (- 3,8), Veneto (-3,6) e Piemonte (-3,5).
Il secondo Rapporto sull’informatica nelle regioni italiane , realizzato con NetConsulting sotto il patrocinio del ministero per l’Innovazione, afferma che il mercato nazionale nel 2003 è calato del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente, a quota 19,4 miliardi di euro.
La contrazione della domanda è risultata più evidente nelle regioni del Nord Ovest (-3,6 per cento) rispetto a Nord Est (-3,5), Centro (-2,5) e Sud (-2,8).
“La contrazione meno marcata al Centro e al Sud – ha spiegato Assinform – ha inciso di poco sul divario delle dotazioni tecnologiche nelle regioni italiane, che resta elevato. La spesa di informatica per occupato continua infatti ad apparire nettamente al di sotto della media nazionale (880 euro) al Sud, con valori che vanno dai 372 della Sardegna ai 607 della Campania, contro i 1284 della Lombardia, i 1006 del Piemonte, i 933 dell’Emilia Romagna e i 1479 del Lazio”. Del Lazio va detto che, grazie alla concentrazione della PA, è la regione che presenta i valori più elevati in assoluto.
Il divario è peraltro testimoniato dal fatto che nel Nord Ovest si continua a concentrare il grosso della domanda , con oltre 7,5 miliardi di euro, vale a dire il 38,7 per cento del dato complessivo. Basti pensare che le regioni del Centro si fermano a 4,7 miliardi di euro, cioè al 24,1 per cento della domanda, e quelle del Mezzogiorno a 3,1 miliardi, cioè soltanto il 16,3 per cento del dato generale. Il Nord Est è invece al 20,9 per cento con 4 miliardi di euro.
Se si va a vedere la percentuale di spesa informatica rispetto al PIL regionale si scopre che soltanto quattro regioni (Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) si collocano sopra la media nazionale dell’1,65 per cento. Tra le regioni più indietro in questo indice la Ligura (1,17 per cento), le Marche (1,21) ma anche Veneto (1,47) e Toscana (1,36).
Per l’area meno avanzata del paese, il Mezzogiorno, Assinform valuta che la flessione del mercato nazionale dell’informatica ha impattato relativamente poco su queste regioni, il cui contributo rimane pressoché invariato (-2,8 per cento), ma conferma “il cristallizzarsi del gap di dotazioni rispetto alle aree più forti”. Al Sud, nonostante le buone performance di Campania e Puglia, vi sono le regioni con il calo di investimenti in IT nel 2003 più pesante , come la Sardegna o l’Abruzzo, nonché le regioni con i più bassi indici di investimento in capitale tecnologico. Di otto regioni, ben sei sono in fondo alla classifica della spesa IT 2003 per occupato: Puglia (505 Euro); Sicilia (487), Abruzzo(475), Molise(465), Calabria (445) e Sardegna, ultima con 372 euro per occupato (contro una media nazionale di 880,1).
“I risultati del Rapporto – ha spiegato il presidente di Assinform Pierfilippo Roggero – offrono lo spaccato di una realtà che stenta ad investire per innovare e che tende a perpetuare una situazione di squilibrio territoriale preoccupante . La diffusione capillare dell’informatica è oramai una condizione ambientale di sviluppo in ogni area del Paese”. “Con questa analisi – ha continuato Roggero – l’Associazione ha voluto evidenziare l’opportunità di reagire, di accelerare i piani di e-government e di rivedere criteri di imposizione inaccettabili, come ad esempio quelli adottati per l’ IRAP , che continuano a penalizzare chi investe in innovazione”.