Roma – Non è ancora la notizia che tutta la rete sta aspettando ma ci manca poco: le modifiche alla Legge Urbani non sono più soltanto buoni propositi ma sono esplicitate in una proposta normativa che sulla carta ha l’appoggio della maggioranza e dell’opposizione nonché del Governo. Passati i giorni di sospensione dei lavori parlamentari prevista per le elezioni europee, è lecito ritenere che in breve tempo le modifiche saranno realizzate .
Le modifiche contenute in un disegno di legge appena depositato prevedono la cancellazione delle sanzioni penali per l’uso personale di file protetti scaricati dalla rete. Torna dunque la locuzione “a fini di lucro” che tende quindi a penalizzare chi fa commercio di opere abusivamente riprodotte. Ciò non toglie che scaricare file protetti rimanga illegale ma soltanto che l’abuso non sarà più penalmente perseguibile.
Il disegno di legge, oltre ad istituire la Commissione per capire internet di cui si è già parlato, cancella le tasse aggiuntive su masterizzatori e software di masterizzazione, accogliendo così le fortissime critiche espresse dalle major del software.
Inutile dire che le modifiche contenute nel disegno di legge, che rispondono agli impegni assunti dal ministro Urbani e dal Governo non piacciono alle major dell’audiovideo. In questo senso si è espresso il direttore generale di FIMI , Enzo Mazza , secondo cui il clima elettorale sta condizionando l’operato di certi politici.
“C’è chi pensa di regalare musica gratis dalla rete per fini elettorali – ha affermato Mazza – ma purtroppo ci sono trattati internazionali da rispettare e il download per uso personale non esiste. Reato era e reato rimarrà “. Come noto, ancora prima del varo della Legge Urbani, Mazza in una intervista a Punto Informatico aveva sottolineato che le attività di condivisione rappresentano un reato e non un semplice illecito.
“Perchè il Ministro Stanca – si chiede ora Mazza – non regala invece linee telefoniche gratis agli italiani o banda larga gratis per tutti? Chi ha detto che la crescita della rete debba andare a discapito dei contenuti? Si continua con l’inaccettabile politica di avvantaggiare i contenitori a discapito dei contenuti, così la musica muore e le piattaforme di distribuzione online non decolleranno mai”. Secondo Mazza, la presentazione delle modifiche equivale a quello che ha definito un ricatto . Mentre i dati mostrano un declino nel file sharing illegale, segno che si era sulla strada giusta, il Governo fa marcia indietro cedendo al ricatto dei pirati informatici, è assurdo”.
Sulla stessa linea anche i commenti di Davide Rossi di Univideo, secondo cui con queste novità si rischia di discutere una questione tanto delicata “partendo dal presupposto sbagliato della differenza tra fine commerciale e non commerciale”. Secondo Rossi “un baratto digitale non è altro che una primitiva forma di commercio fatta sulle spalle di altri”. L’esponente dell’industria dell’audiovisivo ha spiegato che “qualcuno vorrebbe che tutto fosse concesso, purché sia ad uso privato. È pazzesco che si presenti come progresso quello che invece è solo far west “.
Il varo del disegno di legge è stato invece accolto con favore dai Verdi , che come noto si sono opposti con ogni mezzo alla Legge Urbani, secondo i quali comunque “la mobilitazione del popolo della rete non si fermerà qui” perché dovrà accompagnare, a loro dire, una “veloce approvazione” delle nuove misure, affinché passino in via definitiva entro l’estate . Soddisfazione l’ha espressa anche il deputato diessino Pietro Folena che, sebbene il proprio gruppo si sia astenuto sia alla Camera che al Senato in occasione del voto sulla Legge Urbani, ritiene “positivo” l’annuncio delle modifiche al decreto Urbani. “Le pressioni del popolo di internet hanno funzionato – ha dichiarato Folena – e di tutto ciò dovremmo gioirne tutti: si sta sperimentando una novità importante, la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica attraverso la Rete”.
Di seguito la lettera del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana ai lettori di Punto Informatico. Nella pagina successiva un autorevole commento sull’attuale situazione giuridica in materia di diritto d’autore.
Gent. Direttore,
La presentazione da parte del Governo del disegno di legge che, con un articolo specifico, ripristina una condizione civile per la rete e per i suoi utilizzatori costituisce un fatto importante. Il ministro Urbani ha rispettato la volontà espressa dal Parlamento con ordini del giorno molto chiari.
Coloro che si sono mobilitati, tanti, tantissimi, hanno quasi raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissi. Ora è necessario mantenere la mobilitazione fino all’approvazione definitiva, per questo è importante l’impegno per lo sciopero delle connessioni del 6 giugno, che puo’ essere anche più ampio di quello scorso.
Non ha senso aspettarsi che chi aveva espresso giudizi affrettati ed insulti rivolti a me ed ai verdi, adesso si scusi e faccia pubblica ammenda. È invece utile riflettere intorno alle ragioni di quell’atteggiamento e a cio’ che ha costituito, invece, un fattore di successo. Non mi interessano le motivazioni di sciacallaggio politiche ed elettorali persino troppo evidenti, mi interessa fare capire che noi verdi siamo una forza di opposizione con il peso elettorale relativo che fino ad ora ci è stato dato e non solo un’utile metafora aperta. Che i tempi contingentati mi hanno dato 8 minuti per la discussione generale e l’illustrazione di 750 emendamenti! Che io non sono il ministro, per cui mi sono assunto con il gruppo verde la responsabilità di fare un uso negoziale e non testimoniale degli emendamenti che ho chiesto alla rete di aiutarmi a produrre. Che l’affermazione della questione della rete come questione democratica, come tale compresa dai parlamentari, richiede ancora molto impegno.
Piuttosto il fattore di successo è costituito dalla capacità di connessione, di condivisione e di azione collettiva di una rete di persone , di imprese, di associazioni, di nodi, che hanno agito come un blocco sociale dell’innovazione qualitativa.
Noi verdi ci siamo mossi con tempestività e coerenza alla Camera e al Senato, così al Parlamento Europeo contro la brevettazione del software, ma so bene che il “popolo della rete” è geloso della propria autonomia e non è disposto ad alcuna cessione della propria sovranità. Questo cambia la natura delle forme della partecipazione politica e della elaborazione dei suoi contenuti e costituisce una sfida cognitiva e culturale cruciale.
Cio’ che occorre rilevare e condividere è la consapevolezza di costituire un blocco sociale dell’innovazione qualitativa, per quanto mobile, e che come tale puo’ disporsi per agire non solo attraverso reazioni difensive, bensì con la definizione di proposte programmatiche da imporre all’agenda politica. Nonchè capace di condividere buone pratiche, che producono senso, identità e consuetudini sociali.
Per questo al Forum Sociale Europeo e al Congresso Europeo dei Verdi ho proposto di dare vita ad una “direttiva europea di iniziativa popolare” affinchè 23 dei parlamentari europei impongano alla Commissione Europea di istruire una direttiva per il pluralismo informatico e la libera disponibilità degli algoritmi. Per questo ho aderito alle iniziative di Quinto Stato e del Secolo della Rete per la costruzione in rete di una proposta programmatica sull’ICT. Così come membro della delegazione italiana al WSIS ho proposto ed ottenuto la costituzione di un tavolo per la definizione delle proposte italiane con la partecipazione degli stakeholders.
Per questo, infine, mi sembra importante utilizzare il tavolo tecnico-legislativo sul copyright in rete, del quale ho ottenuto la costituzione presso il Ministero dell’Innovazione Tecnologica, anche questo partecipato dagli stakeholders, compresi i detentori e produttori di opere di pubblico dominio. Tutto questo non sarebbe possibile senza una pratica compartecipata dellacon la rete.
Per questo ringrazio tutti coloro che si impegnano in modo condiviso, per questo “non è che l’inizio”.
di seguito una veloce ma importante overview sul diritto d’autore in Italia
Roma – Vorrei dare inizio a questa mia trattazione partendo da una breve analisi di due provvedimenti dell’autorità giudiziaria, il primo emesso dal Tribunale di Torino datato 13 luglio 2000 e il secondo dal Tribunale di Arezzo e datato 18 marzo 2003.
La prima sentenza disponeva l’assoluzione per un ferroviere , appassionato di navigazione Internet, accusato di ricettazione (art.648 c.p.) e violazione delle norme sul diritto d’autore (L.633/1941).
Nella specie, nel computer del ferroviere, a seguito di perquisizione e seguente sequestro , venivano trovati numerosi programmi per elaboratore elettronico per un valore complessivo di oltre 50 milioni di lire. Questi, ad un controllo successivo, non risultarono essere stati acquistati in originale: immediatamente furono contestati i reati di duplicazione abusiva di programmi per elaboratore elettronico (L.633/1941) e di successiva ricettazione.
La difesa dell’imputato, che confessò la duplicazione, venne condotta su due fronti. Da una parte si sostenne che i programmi immagazzinati nel hard disk del suo computer erano stati scaricati da Web; dall’altra si aggiunse che gli stessi furono acquistati dall’imputato a mezzo di riviste specializzate vendute in edicola e che in seguito i relativi supporti originali ( Cd Rom ) furono gettati perché usurati e, pertanto, inutilizzabili. Il Tribunale non ravvisando alcuna illiceità, per l’assenza del fine di lucro dietro la conservazione e la copia dei programmi, assolse l’imputato .
Nella seconda sentenza citata, il Tribunale di Arezzo affronta una fattispecie criminosa simile alla precedente ed in particolare avveniva che a seguito di indagini esperite a Roma per la vendita di software presumibilmente piratato vennero rinvenuti, in sede di perquisizione a carico di un tale D. L., vari bollettini relativi alla spedizione in contrassegno a più soggetti di software mediante corriere. Destinatario di una di queste spedizioni era l’imputato in questione il quale incluso in una mailing list detenuta dall’indagato risultava aver acquistato diversi CD da questo.
A seguito di perquisizione nella stanza dell’imputato venivano rinvenuti circa 30-35 cd che furono sottoposti a sequestro e che a seguito di successive analisi risultarono contenere copie masterizzate di videogiochi.
Immediatamente gli venivano contestati i reati di cui all’art.648 c.p. e di cui alla L.633/41. Il P.M. concludeva con la riqualificazione dell’ascritto reato in quello ex art. 16 L. 248/00 richiedendo solo l’applicazione di una sanzione amministrativa di Euro 155,00 e la confisca e la distruzione del materiale in sequestro e la pubblicazione della notizia su di un quotidiano.
Il Tribunale, difatti, non rilevando illiceità penale nella condotta dell’imputato, o meglio non ravvedendo alcuna azione volta al fine di lucro , disponeva l’assoluzione dello stesso, perché per la collocazione tenuta dall’imputato dei CD vicino alla consolle e per il fatto che questi non detenesse apparecchiatura idonea alla loro duplicazione, e per il fatto che i supporti venissero utilizzati al solo scopo di farne uso personale e cioè di giocare con la consolle in suo possesso, si escludeva qualsiasi concorso nella duplicazione abusiva del software in suo possesso e nella conseguente violazione del diritto d’autore. Gli era riconosciuto a suo carico solo la commissione di un illecito amministrativo .
Il legislatore del 2000 difatti, facendo propria l’esigenza di disciplinare espressamente tali fattispecie in rapida diffusione sul territorio nazionale prevedeva all’art. 16 della legge 248/00 che “Chiunque (…) acquista o noleggia supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge è punito, purché il fatto non costituisca concorso nei reati di cui agli articoli 171, 171-bis, 171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, come modificati o introdotti dalla presente legge, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire trecentomila e con le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale”.
La norma di cui all’art. 16 dunque sottrae dall’alveo della tutela penale, prevedendo solo una sanzione amministrativa, alcune condotte – tra cui l’acquisto – sempre che l’autore non abbia comunque concorso nella commissione dei reati previsti dalla disciplina a tutela del diritto d’autore. Trattasi dunque di norma residuale con la quale il legislatore ha sanzionato in modo meno rigido la condotta di chi acquista software illegale per uso personale , quasi prendendo atto del fatto che tale pratica è ormai assai diffusa in tutti i paesi, come il nostro, ove la tecnologia è divenuta fenomeno di consumo di massa.
Si ricorda incidentalmente che il d.l.vo n. 68/2003 abrogando l’art. 16 ha ulteriormente precisato la norma inserendola organicamente nella legge sul diritto d’autore all’art. 174 ter, mantenendo il regime sanzionatorio vigente.
Il diritto d’autore è dunque un principio del nostro ordinamento giuridico quanto mai controverso e discusso : recentissima è difatti una sua drastica riforma (disegno di legge n.72 del 22 marzo 2004 “c.d. Legge Urbani “) con la quale il legislatore italiano ha deciso di adeguare la normativa vigente con il rapido incedere della moderna era digitale, ma con rimedi alquanto discutibili e che di moderno hanno ben poco.
Sicuramente il mutamento più evidente della disciplina si è registrato con il superamento della locuzione “fine di lucro” di cui alla L.633/41 sostituito da quella del “fine di trarne profitto” che, peraltro, la giurisprudenza italiana aveva individuato come limite per la punibilità in caso di duplicazione di software. La giurisprudenza più recente aveva preso, come si è detto, un orientamento ben preciso in tal senso: non è sanzionabile penalmente chi duplica software per fine di profitto ma non a scopo di lucro (ad esempio non per rivenderlo). Nell’art. 171 bis la locuzione “a fine di lucro” viene sostituita da “a fine di profitto”, dunque, fino ad ampliare ancora di più la sfera di azione della sanzione penale che i principi di civiltà giuridica vogliono sia relegata ad extrema ratio. Precisamente la S.C. sanciva che…sostituire al dolo specifico del “fine di lucro” quello del “fine di trarne profitto”, comporta un’accezione piú vasta, che non richiede necessariamente una finalità direttamente patrimoniale, ed amplia pertanto i confini della responsabilità dell’autore (Cass., sez. III, 25-06-2001), oppure il Tribunale di Torino,…il fine di lucro non può intendersi come comprendente anche il semplice risparmio di costi, ma deve limitarsi all’immediato incremento patrimoniale, che non è ravvisabile qualora la duplicazione sia avvenuta a fini personali (T. Torino, 13-07-2000).
In altre parole il legislatore ha intrapreso una brusca inversione di tendenza che rende vana l’opera di depenalizzazione intrapresa nel 2000, tramite una criminalizzazione generalizzata e sconsiderata di condotte ormai largamente diffuse, il file-sharing ossia il condividere e lo scaricare file da internet. E’ indiscutibile, peraltro, la considerazione che, qualora alla suddetta legge venga data applicazione, il carico di pendenze giudiziarie che si porterà dietro andrà ad ingolfare ulteriormente i già sovraccarichi organi di giustizia.