Roma – Il 6 luglio è circolata una missiva, firmata da diversi rappresentanti italiani dell’editoria , e fatta pervenire al Senato dove si stanno discutendo le promesse modifiche alla legge Urbani.
Il gruppo di studio sul diritto d’autore dell’associazione NewGlobal.it ritiene opportuno ribattere sia nel metodo che, sopratutto, nel merito alle argomentazioni dei rappresentanti degli editori che, ci piace ricordare, sono solo una delle parti in causa.
Per quanto riguarda il metodo: prendiamo atto che, ancora una volta, piuttosto che scegliere la strada di un pubblico confronto su tematiche che coinvolgono decine di milioni di cittadini, le varie associazioni di settore, preferiscono utilizzare metodi più o meno sotterranei per far giungere le loro pressioni a chi ha, istituzionalmente, il compito di scrivere le regole del gioco.
Dimenticando che le modifiche alla legge Urbani si sono rese necessarie, (prima ancora che la legge fosse approvata, caso probabilmente unico in tutta la giurisprudenza occidentale) proprio perchè nel testo licenziato dalla camera il 24/4/04, erano state accolte esclusivamente le considerazioni di una sola parte: quella degli editori e completamente ignorate le istanze del resto della società, (in cifre: milioni e milioni di altri cittadini). Se si continua con tale metodo, sicuramente ci sarà bisogno di un’ulteriore legge a correzione delle modifiche alla legge Urbani, ad libitum…
Per quanto riguarda il merito, tutte le argomentazioni dei rappresentanti degli editori risultano piuttosto discutibili.
Innanzitutto troviamo molto sospetto che gli editori siano fermamente contrari alla modifica della locuzione “per trarne profitto”, sicuramente foriera di interpretazioni elastiche della legge, mentre quella “per fine di lucro” risulta essere più precisa, chiara e non discrezionale, così come consolidato dalla prassi giuridica. Riteniamo quindi opportuno che il parlamento scelga la chiarezza della norma, soprattutto quando è in gioco la privazione della libertà delle persone. Per inciso, se le due locuzioni fossero equivalenti non si capirebbe il motivo di tanta ostilità da parte degli editori.
Ripetiamo: qui è in gioco la libertà di persone usualmente non avvezze a frequentare aule di tribunali.
Dove restiamo letteralmente sorpresi ed addolorati è nel leggere passaggi quale il seguente: “Consideriamo invece meramente strumentali e prive di reale fondamento le polemiche che alcuni esponenti del mondo politico, supportati dal cosiddetto popolo della rete, stanno accendendo, in merito alle conseguenze derivanti dall’applicazione della nuova normativa.” Passaggi che ci lasciano perplessi sulla comprensione delle regole basilari di una democrazia da parte dei rappresentanti degli editori, nella cui visione, i politici agitano polemiche pretestuose supportati dai cittadini! E non che i cittadini avanzano le loro esigenze tramite i loro rappresentanti, come succede in qualsiasi democrazia.
Ma, soprattutto, restiamo sgomenti di fronte ad espressioni dispregiative quali “il cosiddetto popolo della rete” che, altri non sono che i loro clienti. E qui risulta evidente l’inadeguatezza dell’attuale dirigenza dell’industria culturale, incapace di adeguare il loro business alle mutate condizioni del mercato. Qualunque novizio di un corso di internet marketing sa che, sulla rete, un qualsiasi prodotto o servizio va progettato CON i clienti e non CONTRO i clienti.
Qualcuno dei firmatari della missiva, provi solo a leggere gli interventi su Punto Informatico dei lettori in risposta all’articolo “Legge Urbani: le proposte delle major” .
Centinaia e centinaia di interventi contro le loro argomentazioni: ironici, indignati, goliardici, acuti, banali, ma in ogni caso “contro”, al limite della rivolta sociale. Ed è questo il modello cui tendono gli editori? Difendere il loro sorpassato modello di business al limite dell’ordine pubblico e trasformando la società in un stato di polizia? Provino piuttosto a chiedersene il perchè. Senza trascurare il piccolo particolare che tanto più un cittadino è indignato per la legge Urbani, tanto più è un potenziale cliente(chi non è interessato ai prodotti culturali non se li procura in alcun modo né tramite i canali tradizionali né tramite la rete; e viceversa).
E ci sembra un giochino piuttosto scontato voler mostrarsi tolleranti nei confronti di chi effettua il download di qualche brano mantenendo l’inflessibilità nei confronti di chi effettua l’upload.
Delle due l’una: o si è in mala fede o non si conosce il funzionamento del P2P. P2P è la contrazione di “Peer To Peer” che indica una perfetta simmetria tra i vari membri della comunità: quindi, tutti possono effettuare il download, ma tutti devono consentire l’upload; non sono ammesse asimmetrie. Non ha quindi senso asserire che si può tollerare il download ma non l’upload. Escludendo la malafede, vuol dire che si pretende di regolamentarlo senza conoscerne i principi fondamentali.
Ci sorprende inoltre tanta avversità alla costituenda commissione per capire internet. Secondo noi rappresenta una importantissima innovazione, capace di sanare l’evidente scarsa conoscenza rispetto a questo mezzo mostrata dal legislatore sia oggi sia nella precedente legislatura. Riteniamo necessario invece accelerarne l’istituzione.
Il sistema ormai ha raggiunto il suo punto critico, è inutile negarlo, e proprio per questo occorre coraggio e intelligenza, per innovare e per adeguarsi alle nuove opportunità offerte dallo sviluppo della tecnica.
Difendere oggi con cieca ostinazione e senza alcun senso critico un modello di business inadatto ed obsoleto significa voler difendere l’occupazione dei poveri amanuensi all’alba dell’introduzione della stampa.
L’argomento è molto complesso e non si può liquidare con poche battute, invitiamo tutti il 15 luglio 2004 alle ore 11,30 nella sala gialla del Senato dove presenteremo alcune proposte correttive facilmente implementabili circa l’attuale normativa sul diritto d’autore e le linee guida sui possibili interventi del mondo politico in sede comunitaria ed internazionale atti ad adeguare il diritto d’autore agli attuali scenari tecnologici.
Ciò che vogliamo provare a fare è anche con-vincere i nostri amici editori. Non nel senso di imporre le nostre opinioni ma nel senso etimologico di “vincere insieme”, di trovare delle soluzioni “win-win” in cui si vince entrambi: autori, editori e fruitori.