Salt Lake City (USA) – Dopo mesi di riserbo, negli scorsi giorni SCO Group ha fatto il nome di una delle tecnologie contenute in Linux che, a suo dire, violano le proprietà intellettuali di UNIX.
La tecnologia in questione è Unix Executable and Linking Format (ELF), una specifica abbracciata dalla Linux Standard Base che Linux utilizza ormai da molti anni come formato standard per i file eseguibili e le librerie.
Stando a quanto affermato da Sandeep Gupta, vice president of engineering di SCO, ELF è un mattone fondamentale del sistema operativo : “tolto quello, tutto il resto crolla”. Un mattone, per altro, difficilmente sostituibile.
“ELF non è qualcosa che la comunità Linux può semplicemente riscrivere”, ha commentato Blake Stowell, un portavoce di SCO.
Secondo quanto spiegato in un articolo apparso su LinuxWorld.com , ELF è stato originariamente sviluppato dagli Unix System Labs di AT&T all’inizio degli anni ’90.
Nel 1995, lo stesso anno in cui AT&T vendette Unix a Novell, le specifiche di ELF vennero pubblicate dal Tool Interface Standard Committee (TISC) – un gruppo di cui facevano parte Microsoft, Novell, IBM, Intel e la stessa SCO – sotto una licenza non esclusiva e libera da royalty. Licenza che, secondo i membri della comunità open source, avrebbe di fatto reso tale tecnologia di pubblico dominio .
Oggi, a nove anni di distanza, SCO reclama la proprietà di ELF e afferma che TISC non aveva il diritto di rendere pubblica la specifica : poco importa se di questo gruppo, poi scioltosi, facessero parte le stesse proprietarie di UNIX, Novell e la vecchia SCO (Santa Cruz Operation).
“Se quest’accusa è corretta, SCO non dovrebbe prendersela con gli sviluppatori Linux (che dopotutto hanno la sola colpa di aver utilizzato una tecnologia pubblicamente disponibile) ma con la defunta TISC, di cui lei era un membro”, ha scritto il sito inglese Linux Format , che ha poi ironizzato sulla faccenda affermando che “il prossimo bersaglio di SCO potrebbe proprio essere SCO”.
Il vice president di SCOsource, Chris Sontag, ha tuttavia detto che è presto per dire se e quali reclami su ELF verranno presentati a carico di IBM: per il momento, infatti, gli avvocati della società si sono limitati a citare la questione en passant, senza fornire ulteriori dettagli.
Nell’arco di 15 mesi, ovvero dall’inizio della causa legale contro IBM, SCO ha rivelato ben poco delle tecnologie e delle porzioni di codice di Linux che, a suo dire, violano le sue proprietà intellettuali. In questo arco di tempo la società di Lindon si è limitata a citare alcune aree del kernel open source che conterrebbero codice “rubato” da UNIX System V: la Non-Uniform Memory Architecture (NUMA), il Symmetric Multi-Processing (SMP), il Journaling File System (JFS) e il Remote Copy Update (RCU).
La scorsa settimana il tribunale ha accolto la richiesta di AutoZone , una delle due società americane che lo scorso marzo è stata denunciata con l’accusa di infrangere i copyright su UNIX, di congelare la causa in attesa che si concluda il processo tra SCO e IBM. SCO ha ora 30 giorni di tempo per convincere il giudice ad emettere un’ingiunzione preliminare che obblighi AutoZone a sospendere l’uso di Linux.
Nel frattempo IBM ha chiesto al giudice il ricorso al cosiddetto ” giudizio sommario ” (summary judgment), un rito abbreviato che prevede, da parte del giudice, l’emissione di una sentenza in base a dichiarazioni e prove presentate per essere messe agli atti, senza dibattimento. Vi si ricorre in genere quando non è necessario risolvere controversie per questioni di fatto, bensì di diritto.