Washington (USA) – Il Pinguino avanza nelle linee programmatiche delle pubbliche amministrazioni di mezzo mondo ma la scelta open source è tutt’altro che scontata e semmai alimenta una maggiore sensibilità negli amministratori. Questo è il cuore del rapporto presentato in queste ore dal Center for Strategic and International Studies CSIS americano, che ha lavorato sulle policy in materia informatica dei governi.
Secondo il CSIS, il software proprietario non rischia di essere messo da parte. I risultati dello studio, affermano gli autori, indicano infatti che “non siamo dinanzi né ad una messa al bando del software closed e neppure a dichiarazioni che l’open source sia in sé superiore”.
Come noto sono molti i Governi, compreso quello italiano, che hanno messo in pista progetti di acquisizione di software libero oppure, più spesso, hanno attivato nuove procedure di analisi nell’acquisto di piattaforme informatiche per le strutture pubbliche. Ma questo, secondo CSIS, non rappresenta oggi un ostacolo alle imprese del software proprietario, in primis Microsoft.
“Le diverse iniziative normative e organizzative – spiegano al CSIS – sembrano aver prodotto una sorta di neutralità tecnologica. Le scelte di acquisto sono determinate più da considerazioni sul prezzo e la performance piuttosto che su qualche elemento normativo”.
Secondo gli autori oggi sono 129 i governi nazionali e 57 quelli locali che in varia misura hanno preso in considerazione l’adozione dell’open source, ma più di metà delle iniziative non hanno superato la soglia di semplici proposte. Sebbene emerga una maggioritaria preferenza per il software libero, afferma il CSIS, “non vengono imposti regolamenti o limitazioni” all’uso del software proprietario.
Delle 24 determinazioni che puntano a Linux e al software aperto, continua il CSIS, “nessuna è ancora operativa e non abbiamo trovato casi di governi che rendano obbligatorio l’uso dell’open source o vietino quello di prodotti proprietari”.
Il CSIS ha sottolineato di aver analizzato la situazione presente che appare comunque assai dinamica. Come a dire, cioè, che del futuro non v’è certezza.