Ha un senso la censura di Google?

Ha un senso la censura di Google?

Secondo i suoi dirigenti ne ha eccome. Ecco come hanno risposto alle accuse cadute sull'azienda per le omissioni nei link proposti dal motore di ricerca agli utenti cinesi
Secondo i suoi dirigenti ne ha eccome. Ecco come hanno risposto alle accuse cadute sull'azienda per le omissioni nei link proposti dal motore di ricerca agli utenti cinesi


Roma – Perché Google offre agli utenti che si collegano dalla Cina un servizio di raccolta automatica news del tutto simile a quello già offerto altrove omettendo però proprio quei link che il regime cinese non vuole rendere pubblici?

Questa la domanda decisamente imbarazzante rivolta a Google dagli esperti della Dynamic Internet Technology , società da tempo impegnata nella lotta alla censura su Internet. Una domanda nata da una serie di rilevazioni compiute dall’azienda, dalle quali appare evidente che il servizio da poco lanciato in Cina da Google non offre a chi lo segue tutti i link che potrebbe offrire, tenendo fuori quei siti che il regime cinese mette al bando e rende irraggiungibili attraverso i propri proxy di stato : lo stesso servizio “cinese” di Google interrogato da computer residenti negli USA offre invece una serie di link aggiuntivi .

“Questo – ha affermato uno dei dirigenti di Dynamic – rappresenta un problema perché i cinesi dovrebbero sapere che ci sono opinioni diverse da quelle del governo cinese e che ci sono molte cose che il governo nasconde. Gli utenti si aspettano da Google di trovare qualsiasi cosa su Internet”.

Alle accuse Google ha risposto che il proprio comportamento non solo è legittimo ma è necessario per offrire un servizio efficiente . “Google – ha spiegato un portavoce dell’azienda – ha stabilito che per offrire la migliore possibile esperienza di ricerca ai nostri utenti cinesi non si devono includere i siti il cui contenuto non è da loro accessibile”.

Google, che offre i propri servizi internet in molte lingue, compresa quella Klingon , offre ormai da tempo su molti mercati anche il servizio di indicizzazione automatica delle news. Sebbene sofferente dell’assenza di una intelligenza “umana” dietro la scelta dei titoli, quella sezione del suo sito è divenuta nel tempo un riferimento sicuro per moltissimi utenti Internet.

Nel caso del web cinese, Google si è ulteriormente difeso spiegando che, in ogni caso, soltanto una piccola manciata di siti sono stati esclusi, sui quasi mille che ogni giorno vengono “consultati” dai propri web crawler.

Secondo qualcuno, però, Google dovrebbe quantomeno avvertire i propri utenti cinesi che non tutte le fonti possono essere riportate dal proprio servizio. Ma fare questo, viene affermato, potrebbe indurre il regime pechinese a bloccare l’accesso anche a Google News.

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Pubblicato il
27 set 2004
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