Roma – Riceviamo e volentieri pubblichiamo integralmente un commento trasmesso dall’associazione NewGlobal.it in merito alle recenti decisioni della cosiddetta “commissione Vigevano” su contenuti e pirateria nell’era digitale .
Spett.le
Commissione Interministeriale sui contenuti digitali nell’era di Internet
Alla cortese attenzione dei sigg.ri
Ing. Paolo Vigevano – Presidente
Ing. Mario Pelosi
Avv. Enrico De Giovanni
Dott.ssa Giuseppina Veccia
Dott. Roberto Lo Surdo
Dott. Antonio Parente
Avv. Francesca Quadri
Ing. Roberto De Carlo
Cons. Federico Bona Galvagno
Dott. Paolo Di Marzio
Dott.ssa Maria Ludovica Agrò
Dott. Vittorio Ragonesi
e per opportuna conoscenza
Egregi sigg.ri
Dott. Lucio Stanca
Ministro per l’innovazione e le tecnologie
Sede
On. Prof. Giuliano Urbani
Ministro per i beni e le attività culturali
Sede
On. Maurizio Gasparri
Ministro delle comunicazioni
Sede
Egregi Signori,
Con stupore abbiamo accolto la Vostra nota di esclusione dal novero dei soggetti ammessi alle procedure di audizione. Una esclusione che colpisce, incredibilmente, anche altre autorevoli realtà associative e che alimenta – diciamolo chiaramente – il sospetto che gli esiti del lavoro che codesta spettabile Commissione è chiamata a svolgere, siano già stati preconfezionati in altre sedi.
E questo, per noi, non può che costituire motivo di rammarico, giacché nella Vostra opera avevamo riposto non poche speranze. L’avevamo, del resto, sollecitata e richiesta per aprire un tavolo di discussione aperto al contributo di tutti e, dunque, capace di affrontare seriamente e con equilibrio le tante problematiche aperte dalla cosiddetta “rivoluzione digitale”.
Ma quel che ci stupisce non è l’esclusione in quanto tale – benché, lo si ripete, non se ne siano ben comprese le ragioni -, ma è la singolare richiesta di farVi pervenire le nostre osservazioni attraverso un questionario, di cui ci siamo visti recapitare un modulo prestampato. Una simile procedura – nessuno si senta offeso – ci pare più consona ai processi di rilevazione della soddisfazione dei clienti, in un’ottica di marketing aziendale, piuttosto che all’iter di formazione della volontà dello Stato, in vista dell’approvazione di una o più leggi destinate a regolare la vita del Paese.
Comprendiamo che, come si usa dire, il tempo è tiranno e che i tempi a Voi concessi per portare a termine il compito affidatoVi non siano particolarmente generosi. Questo, tuttavia, non giustifica – a nostro modesto parere – lo stravolgimento della consolidata prassi costituzionale delle consultazioni a largo spettro, nè l’accelerazione che sembra volersi imprimere al Vostro lavoro. Il monito che sempre, tutti, dobbiamo aver presente è che la fretta è nemica del bene.
Ciò nonostante, pur con il rincrescimento generato dalla impossibilità di partecipare direttamente al Vostro lavoro, sentiamo il dovere di interloquire – almeno idealmente – con Voi, nello sforzo e con l’impegno di scongiurare esiti non in linea con il grado di sviluppo tecnologico e culturale del nostro Paese. Con la presente, perciò, assumiamo formalmente un impegno: quello di farvi pervenire la nuova versione del documento su “Il diritto d’autore nell’era digitale”, che un apposito gruppo di lavoro della nostra associazione sta finendo di mettere a punto, e del quale una prima versione è stata già presentata ed apprezzata in Senato, lo scorso 15 luglio.
Quanto al questionario, ci sia permesso di esprimere sommessamente, ma non per questo meno fermamente, la nostra opinione. Esso costituisce – ancorché del tutto involontaria – un’offesa alle molte risorse intellettuali, ed al conseguente pluralismo, che il nostro Paese è, malgrado tutto, ancora in grado di esprimere. Imporre un questionario significa ricondurre entro un sentiero già tracciato qualsiasi posizione, qualsiasi idea; significa mortificare le sfumature del pensiero nelle “griglie” di uno schema preconfezionato (non si sa con quali criteri, se non quello del “mercato”, utilizzato in maniera da imporre la costante – e fuorviante – identificazione tra informazioni e merci); significa disincentivare un vero e fruttuoso dibattito.
L’impostazione del detto questionario, poi, ci ha lasciati letteralmente basiti, dando esso l’impressione di essere una sorta di capitolato, un bando di concorso, piuttosto che uno schema di indagine conoscitiva. Sarebbe interessante sapere da chi è stato redatto, quando, come e da chi è stato approvato.
Il decreto interministeriale con cui è stata costituita la Commissione, infatti, non prevede alcun potere in tal senso in capo alla Commissione, nè la autorizza “a procedere nel modo che riterrà più opportuno”; il decreto del 23 luglio 2004 si limita ad attribuire alla Commissione dei precisi doveri di indagine – da esercitare, mediante audizione, nei confronti delle amministrazioni, delle associazioni e delle organizzazioni interessate – e di elaborazione di proposte sui temi della fruizione dei contenuti digitali e sulla relativa tutela dei diritti d’autore. La speranza – per il bene del Paese, prima ancora che per la Vostra stessa reputazione – è che il questionario non miri ad assegnare in appalto il compito di ispirare la redazione della relazione finale che codesta spettabile Commissione sarà tenuta a presentare entro il 30 novembre p.v.
Ma l’idea di un questionario è, soprattutto, uno schiaffo al principio che sta alla base di ogni democrazia – la trasparenza – giacchè nulla, infatti, può surrogare (tanto meno un questionario) il pubblico confronto, svolto in contraddittorio tra tutti gli interessati. Tanto più se oggetto del dibattito sono questioni di primario interesse per lo sviluppo culturale, sociale e tecnologico dell’Italia. L’interesse dei cittadini – cui spetta costituzionalmente l’esercizio della sovranità – è quello di essere correttamente informati sui criteri di formazione della volontà dello Stato e sulle scelte operate – sia a monte, sia a valle – dagli organi per il tramite dei quali lo Stato agisce. Dispiace dover rilevare che, nell’era delle comunicazioni di massa, si sia costretti ad operare con anonimi ed oscuri questionari, piuttosto che attraverso il libero e pubblico confronto delle idee.
Pertanto, per evitare di vedere semplificate – e, perciò stesso, stravolte – le nostre posizioni; per contrastare simbolicamente il circolo vizioso che la diffusione di simili prassi introdurrebbe nel confronto tra istituzioni e società civile, ci vediamo costretti a declinare il Vostro, pur cortese, invito. Per questo non “compileremo” il Vostro questionario.
Giova a questo punto precisare, tuttavia, che la scelta da Voi operata – quella di escludere dalle consultazioni sia la nostra sia altre realtà associative, da tempo impegnate nei problemi della “rivoluzione digitale” e della “società dell’informazione” – si palesa, a nostro modesto avviso, come una evidente violazione del già richiamato decreto interministeriale del 23 luglio 2004, con cui è stata disposta la costituzione della Commissione medesima.
L’art. 2 del detto decreto dispone, infatti, che “la Commissione ha il compito, previa audizione di rappresentanti di Amministrazioni ed Enti pubblici, nonché di Associazioni ed Organismi interessati, di condurre un’approfondita analisi dello sviluppo del mercato dei contenuti digitali, tenendo conto del contesto internazionale e delle evoluzioni tecnologiche…”.
Non è inopportuno sottolineare ancora una volta che il decreto non autorizza la Commissione ad operare alcuna scelta discrezionale – nè fissa criteri in base ai quali operare una simile scelta – in merito a quali soggetti far partecipare alle audizioni e quali altri escludere da esse. Nè può mancare di destare serie preoccupazioni, perciò, la determinazione volta ad impedire ad una o più “associazioni interessate” – che avevano, per di più, richiesto di essere ascoltate – di manifestare dinnanzi alla stessa Commissione il loro punto di vista.
Motivare laconicamente il provvedimento di esclusione, adducendo (come si legge nella comunicazione che il presidente Vigevano ci ha cortesemente inviato) che “la Commissione ha già finalizzato il calendario delle audizioni” e che i tempi sono “ristretti”, rende – a nostro sommesso parere – il provvedimento di esclusione sostanzialmente privo di alcuna plausibile motivazione.
Ad ogni buon conto, allo scopo di fugare ogni dubbio sul buon andamento e sull’imparzialità con cui i Vostri lavori (nel rispetto del fondamentale dettato costituzionale) si stanno svolgendo, con la presente chiediamo formalmente al presidente Vigevano – nella Sua qualità di coordinatore e di responsabile del lavoro della Commissione – che ci venga fornita ragione e contezza dei criteri di redazione e dell’iter di adozione del questionario che ci è stato inviato, nonché del calendario delle audizioni, mediante invio di copia autentica dei verbali con cui essi sono stati approvati, ovvero dei diversi documenti ufficiali da cui sia possibile trarre ogni relativa informazione.
E’ nostra premura avvertire che la richiesta testé avanzata è formulata anche ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 22 e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241, a tutela dell’interesse della nostra associazione alla partecipazione al procedimento di consultazione in corso dinnanzi alla Commissione, e che pertanto, in caso di mancato riscontro nei termini previsti dalla legge, si agirà contro i competenti ministeri, in persona dei rispettivi ministri che ci leggono per conoscenza, dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, ex art. 25 della citata l. 241/1990, per ivi ottenere i più opportuni provvedimenti.
Infine, e nonostante tutto, ci preme chiarire che la nostra stessa fede nella fruttuosità di un libero, civile e pubblico confronto ci obbliga ad offrire ed a mantenere la piena disponibilità al dialogo con chiunque abbia interesse a condurlo senza preconcetti e con la esclusiva finalità di contribuire – con sincero spirito di servizio – all’elevazione del livello di vita del Paese.
In attesa di un Vostro cortese (ed in parte doveroso) riscontro, restiamo dunque a Vostra piena disposizione.
Con osservanza
Ettore Panella
NewGlobal.it