Roma – Riportiamo di seguito l’interpellanza presentata da tre parlamentari di Rifondazione comunista rivolta al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro delle Comunicazioni in merito alla censura dei server Indymedia
“Premesso che:
– le autorità statunitensi hanno emesso un ordine federale imponendo all’ufficio di Rackspace negli Stati Uniti di consegnare loro l’hardware di IndYmedia situato a Londra. Rackspace è uno dei providers che ospitano il web di IndYmedia con uffici negli Stati Uniti e a Londra. Rackspace ha acconsentito, senza prima renderlo noto a Indymedia, e ha consegnato i server di Indymedia nel Regno Unito. Questo atto ha colpito più di 20 siti di Indymedia in tutto il mondo;
– nella giornata del 7 ottobre dei funzionari dell’FBI hanno sequestrato a Londra e negli USA i dischi contenuti nei computer che ospitano molti siti locali di Indymedia, fra cui l’edizione italiana italy.indymedia.org e altri del network Indymedia, tra cui quello Palestinese, Belga, Africano, Brasiliano e Tedesco;
– Indymedia è venuta a conoscenza del fatto che la richiesta di sequestrare i server di Indymedia ospitati da una compagnia americana con sede nel Regno Unito ha avuto origine da agenzie di governo italiane e svizzere;
– Su questi server erano ospitati più di 20 siti web di Indymedia, parecchie stazioni radio in streaming online e altri progetti;
– Le ragioni fondanti di quest’ordine non sono ancora state rese note a Indymedia;
– Rackspace aveva reso una dichiarazione pubblica in cui spiegava di aver SPENTO i server in risposta a un ordine all’interno del Trattato di Mutua Assistenza Legale (MLAT), che stabilisce le procedure di assistenza reciproca fra nazioni per investigazioni riguardanti il terrorismo internazionale, rapimenti e riciclaggio di denaro sporco;
– Interrompendo i servizi offerti dal network Indymedia si è calpestato il diritto alla comunicazione e all’informazione di tutte le migliaia di persone che utilizzano quotidianamente questi servizi;
– Sequestrando quei dischi, che con tutta probabilità contenevano anche mail private oltre a pagine web, si è violato ripetutamente il diritto alla privacy e alla segretezza della corrispondenza; considerando che è possibile fare una copia dei dati dei computer per indagare sul loro contenuto un sequestro di questo genere è irragionevolmente repressivo;
– Il sequestro è stato operato da agenti federali statunitensi anche in territorio britannico su un server internazionale, senza nessun atto legale preventivo, senza fornire motivazioni per il sequestro e con una operazioni di polizia per molti versi misteriosa;
– Questo sequestro di fatto lancia un messaggio intimidatorio a tutti i cittadini che praticano su internet il diritto al dissenso attraverso la produzione dal basso di informazioni estranee ai circuiti commerciali;
– Questo sequestro ricorda molto da vicino le censure, gli oscuramenti e le persecuzioni che hanno segnato i periodi più bui del millennio appena trascorso;
per sapere:
– quale sia stato il ruolo del nostro Paese nella vicenda che ha portato alla chiusura del server della rete di Indymedia;
– quali iniziative intenda assumere per permettere una rapida e completa ripresa delle loro attività, la restituzione di quanto sequestrato e per accertare le responsabilità e le motivazioni di chi ha disposto questo provvedimento;
– se non ritenga che questa azione rappresenti una ingerenza gratuita degli Stati Uniti nelle attività telematiche di un altro stato sovrano, e che potrebbe ripetersi in futuro anche su altri siti di comunicazione sociale, italiani e internazionali, che svolgono attività pubbliche alla luce del sole così come ha sempre fatto finora il network Indymedia.”
On. Titti De Simone
On. Tiziana Valpiana
On. Giovanni Russo Spena