Roma – Il 26 ottobre 2004 è stato approvato dalla Camera dei Deputati il disegno di legge in tema di “diffamazione, diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante”.
L’importanza di tale disegno sta non soltanto nell’art. 2 (recante le modifiche al codice penale e, segnatamente, degli artt. 57, 594 e 595 c.p.) ma anche – e soprattutto – in quanto il legislatore ha per la prima volta inteso estendere le disposizioni della legge 47 del 1948 anche alla Rete (Art. 1: “All’articolo 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, ai siti INTERNET aventi natura editoriale”).
A ben vedere tale estensione non riguarda l’intero mondo on line bensì soltanto i siti internet aventi natura editoriale.
Trattasi certamente di un grande passo avanti rispetto ad un passato in cui i giudici penali hanno dovuto sottostare al principio dell’inapplicabilità in via analogica della normativa speciale prevista per la stampa ai casi di diffamazione commesse con il mezzo della Rete. Al contempo, tuttavia, rimane il dubbio se sia colmato del tutto il vuoto normativo costituito da tutti gli altri casi in cui la diffamazione non viene commessa con (o da) siti internet aventi natura editoriale.
Sono due i problemi nascenti da tale condizione.
Il primo (di carattere più squisitamente giuridico) sarà quello di individuare le testate on line aventi natura editoriale. Certamente dovranno considerarsi “editoriali” i siti internet che abbiano chiesto ed ottenuto la registrazione (anche a norma dell’art. 7 del D. l.vo n. 70/2003) presso la Cancelleria del Tribunale ove deve avvenire la pubblicazione, ma per tutte le altre il problema – nonché la scappatoia – rimane.
Il secondo (di carattere certamente più generale e pratico) consiste in ciò che rimanendo così le cose, resterebbero estranee alla previsione legislativa tutte le fattispecie in cui la condotta diffamatoria sia commessa, ad esempio, nell’alveo di una mailing list o, comunque, in un contesto non editoriale.
In ciò, dunque, il legislatore parrebbe difettare, a meno di non ritenere che volutamente abbia lasciato fuori tutti i casi non relativi ai siti aventi natura editoriale ritenendoli quali “altri mezzi di pubblicità” di cui all’art. 595 c.p. (anche così come modificato dal disegno di legge).