Sugli SMS una tassa piccina picciò

Sugli SMS una tassa piccina picciò

Due centesimi: questa l'idea per rimpinguare le casse dell'Erario e trovare dindi utili alla Finanziaria. Qualcuno ironizza. Consumatori già sul piede di guerra. L'idea nata nelle Filippine, dove però è stata cancellata
Due centesimi: questa l'idea per rimpinguare le casse dell'Erario e trovare dindi utili alla Finanziaria. Qualcuno ironizza. Consumatori già sul piede di guerra. L'idea nata nelle Filippine, dove però è stata cancellata


Roma – Non si parla d’altro: da quando l’UDC nelle scorse ore ha buttato lì la proposta di una sovrattassa di due centesimi su ogni SMS spedito in Italia l’idea ha immediatamente catturato l’attenzione di tutti. L’uso notevolissimo dei messaggini accoppiato ai costi tutt’altro che indifferenti degli stessi sembra infatti creare una miscela esplosiva .

Ma partiamo dalla proposta. Se su ogni SMS italiano si imponesse una sovrattassa di due centesimi si otterrebbero in un anno almeno 540 milioni di euro : con queste cifre alla mano l’UDC ha parlato di incassi che potrebbero finanziare la ricerca. Cifre che sono la proposta del partito della coalizione di maggioranza al tavolo di lavoro sul taglio delle tasse voluto dal premier Berlusconi. “Stiamo valutando – ha confermato il sottosegretario all’Economia Gianluigi Magri – la fattibilità tecnica di una sovrattassa di due centesimi”.

L’idea della sovrattassa era già venuta al governo di Manila, nelle Filippine, che aveva però dovuto eseguire un clamoroso dietrofront dopo l’ondata di proteste con cui era stata accolta l’idea dai consumatori: l’uso degli SMS nelle Filippine è persino molto più popolare di quanto non sia in Italia. Ma già all’epoca qualcuno ne aveva ironicamente ipotizzato l’applicazione nel nostro paese.

Com’è scontato, la proposta dell’UDC ha messo in allarme i consumatori. In una dura nota, quelli di AltroConsumo parlano di un’idea che, se passasse, costituirebbe una “lesione dei diritti e delle garanzie dei consumatori”. Non solo, se i due centesimi venissero fatti pagare agli utenti, anziché agli operatori che sugli SMS lucrano moltissimo, si avrebbe secondo AltroConsumo “un rincaro di oltre il 13% sull’attuale prezzo medio dei messaggini, in un mercato, quello degli SMS, dove non c’è in pratica concorrenza: tutti gli operatori, anche il nuovo entrato Tre, hanno uniformato i propri prezzi sugli sms a un’unica tariffa, 15 centesimi”.

Quello del cartello delle tariffe è un problema a suo tempo già denunciato da AltroConsumo nei giorni bollenti dello scorso luglio, in cui ha avuto luogo il celeberrimo sciopero degli SMS , la protesta più vigorosa fin qui espressa dagli utenti di telefonia mobile italiane contro il caro-tariffa.

“Io sono favorevolissimo alla tassa sugli SMS proposta dall’UDC di Marco Follini – scrive invece Massimo Mantellini – A patto che una così esigua cifra la paghino gli operatori telefonici che guadagnano dai messaggini cifre formidabili e continuano ad aumentarne il costo (+45% negli ultimi 4 anni)”.

E già, perché le stime di AltroConsumo affermano che negli ultimi 3 anni e mezzo il costo degli SMS ha subito aumenti sconcertanti . Un esempio per tutti: il 12 febbraio 2001 gli SMS venivano proposti a 10,33 centesimi (cioè 200 lire, tariffa Omnitel Fast 50 Ricaricabile lanciata, appunto, il 12 febbraio del 2001). Oggi tutte le tariffe Vodafone comportano un costo per SMS di 15 centesimi. “Dunque – spiega l’Associazione dei consumatori – in 3 anni e mezzo i costi degli SMS sono cresciuti del 45%, con un incremento annuo medio di circa il 12%”. Il tutto a fronte di un servizio che agli operatori costa così poco che è persino difficile quantificarne l’onere.

“Di fatto, attualmente – continua AltroConsumo – i consumatori, per difendersi dal caro SMS, hanno un solo strumento: non attivare nuove tariffe e conservare le vecchie”. L’altra via è la protesta. Nelle Filippine ha funzionato, e da noi?

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Pubblicato il 11 nov 2004
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