Roma – Una nuova sentenza farà discutere gli utenti del mondo virtuale. Arriva dal Tribunale di Napoli e dispone la condanna di una società con funzioni di mantainer solidalmente con il titolare dei nomi a dominio perché lesivi di marchi registrati.
I fatti: nel febbraio del 2003 Banca Intesa s.p.a. – titolare dei marchi Banca Intesa, Intesaci, Carialo, Bci e dei nomi a dominio Intesaci, Bancaintesa, Carialo e Bci – citava in giudizio due società: una in funzione di intestataria di nomi a dominio ritenuti violativi dei suddetti marchi, e Consultingweb s.r.l. “colpevole” di aver svolto funzione di mantainer. Ebbene, dalla lettura della sentenza emergono passaggi “interessanti”.
A mero titolo esemplificativo si pensi a quello in cui il Tribunale dichiara “Tale evoluzione tecnologica ha quindi messo in crisi il diritto, nel senso che ha determinato delle lacune dell’ordinamento giuridico, vere o presupposte. Ciò – oltretutto – a fronte della oggettiva pericolosità del fenomeno internet, che per le sue stesse caratteristiche (l’immaterialità, cui è correlata la mancanza di definitività temporale, la costante inesorabile mutevolezza?) è fonte di molteplici illeciti.”
Ma ancor più attenzione occorre prestarla alla parte finale della sentenza dove si stabilisce la responsabilità del mantainer in caso di registrazione da parte di un terzo di un nome a dominio in violazione dei diritti altrui. Il Tribunale di Napoli cita un provvedimento romano secondo cui l’Internet service provider – che ospitava il sito di un imprenditore – risponde a titolo di concorso dell’illecito concorrenziale commesso da quest’ultimo per aver fatto uso di un domain name riproducente l’acronimo di una nota società avendo l’ISP colpevolmente omesso di rilevare l’illecita interferenza fra le due denominazioni in quanto, nel caso del provider che effettua il collegamento, non si dubita che egli non possa accertarsi del contenuto illecito sia delle comunicazioni che dei messaggi che vengono immessi in un sito .
In pratica, quello che genericamente si ritiene un compito marginale ed oggettivo come la registrazione presso l’Autorità competente di un nome a dominio, si traduce in un atto fondamentale non potendo – sempre secondo quanto scritto in sentenza dal tribunale partenopeo – l’estraneità del provider rispetto al contenuto dei siti di cui fornisce il collegamento in rete, spingersi sino ad ignorare i domain name specialmente se celebri .
Così la Consultingweb – mantainer nella registrazione di nomi a dominio ritenuti tutelabili in quanto corrispondenti a marchi registrati – è stata condannata in solido con il registrante al risarcimento del danno in quanto “il provider assumendo l’obbligazione di procedere alla registrazione, vale a dire a richiederla, e dando attuazione a tale suo impegno, ha tenuto una condotta causalmente rilevante rispetto alla registrazione stessa: d’altronde la registrazione è sempre subordinata alla nomina di un provider”.
Ed aggiunge il Tribunale che, effettivamente il domain name è il frutto di una scelta esclusiva del titolare del sito, ma il provider nel momento in cui accetta di chiedere la registrazione di quella denominazione, assume in pratica lo stesso identico ruolo del “contraffattore” con totale irrilevanza della buona fede, tenuto peraltro conto che la registrazione avviene dietro corrispettivo trasformando così l’operazione di richiesta di registrazione in una tipica attività imprenditoriale in cui occorre assumersi anche il rischio d’impresa: chiedere quindi la registrazione di un domain name coincidente con un marchio registrato da altri (subendone le conseguenze di legge) è in definitiva un tipico rischio d’impresa .
A questo punto occorre domandarsi: ma il NIC non potrebbe essere parimenti responsabile? Anzi non sarebbe sin dall’origine l’organo maggiormente idoneo a verifiche riguardanti la registrazione dei marchi? O mantenere tutte le responsabilità sui mantainer sembra logico?? In attesa di altre sentenze, intanto riflettiamo?
Avv. Valentina Frediani
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